Nuova caserma a Busto, in alto i cuori e le bandiere

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Come direbbe un ex sindaco, aulico e innarivabile affabulatore, in alto i cuori e le bandiere. Venerdì 21 febbraio si inaugura la nuova caserma dei carabinieri di Busto Arsizio e, giustamente, si fa festa. Ci saranno i rappresentanti del governo, quelli istituzionali del contado e della città, gli alti papaveri, i generaloni e i militari in alta uniforme, popolo e curiosi a frotte. La fanfara suonerà l’inno e, come si conviene in simili occasioni, qualcuno si commuoverà.

Momento solenne e importante soprattutto per l’Arma, che trova finalmente una sede adeguata alle funzioni che svolge a favore della comunità. Non serve sottolineare quali e quanti compiti sono affidati ai carabinieri, quali sono le aspettative di tutti nei loro confronti e l’impegno che ci mettono nello svolgere il loro mandato sulle strade della prevenzione e della sicurezza. Che godano del rispetto collettivo, quanto meno della gente perbene, che è pur sempre la stragrande maggioranza, è dimostrato dal contributo di diversi settori della società per completare i lavori e gli arredi e nell’aiuto, diretto o indiretto, per arrivare al taglio del nastro senza ulteriori affanni.

Perché di affanni, l’edificio di via Bellini, ne ha riservati parecchi nel corso degli anni. Lungaggini tecniche e burocratiche, intoppi o inghippi che dir si voglia causati anche dalla politica che, come sempre quando mette becco, genera pasticci. Una serie di ostacoli superati soltanto negli ultimi mesi per uno sforzo unanime, a fronte di una quindici d’anni di vuoto operativo. Benché sarebbe più corretto parlare di incapacità operativa nel disancagliare una questione ferma nei meandri romani e nelle nebbie delle inadempienze locali e non solo.

Giratela come vi pare, ma la nuova caserma rappresenta uno dei tanti paradigmi negativi delle realizzazioni pubbliche nel Belpaese. Insomma, non proprio un esempio di efficienza rispetto alla necessità di dotare l’Arma bustocca di una seda adeguata alle esigenze. Detto tutto ciò, sull’edificio che si va ad inaugurare saranno in molti a voler posare il cappello. Alcuni a ragione, altri un po’meno; alcuni con la possibilità di spiegare la loro sollecitudine, altri sicuramente pronti a fare passerella rivendicando primogeniture e meriti che non hanno. Già li vediamo e li sentiamo tromboneggiare in prima persona: io, io, io, soltanto per aver fatto il proprio dovere di amministratori, tra l’altro, entrati in scena quando oramai si era in dirittura d’arrivo.

A essere sinceri, per chi conosce la verità dei fatti, sarebbe meglio il basso profilo, se non fosse che i destinatari dell’immobile sono i carabinieri, gli unici (o quasi) che meritano davvero il nostro rispetto e che, tutto sommato, in questi anni sono state le vittime di un andazzo gestionale per nulla esaltante. Tanto che la loro nuova sede rischia di nascere vecchia per il tempo che è rimasta in naftalina, in attesa che si risolvesse ciò che a un certo punto pareva addirittura irrisolvibile. Infine, fortuna vuole che, almeno fino a prova contraria, nessuno del circo politico e burocratico abbia cercato nel caso specificio di imbertare una mancia non dovuta in scia alla confusione e alle incertezze che si erano venute a creare. Siccome tutto è bene quel che finisce bene, in alto i cuori e le bandiere. Con le note dell’inno di Mameli a nascondere il passato.

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