Il parroco rimosso e i chiarimenti che non ci sono

parroco rimosso orino borgna
don Emanuele Borroni

Egregio direttore,

assistiamo e rappresentiamo don EMANUELE BORRONI, che ci ha incaricato di seccamente smentire e, in ogni caso, di rettificare la notizia come da voi divulgata nell’articolo del 17 aprile dal titolo “Il giallo della rimozione del parroco di Orino, Azzio e Comacchio”.

Quanto da voi riportato, è in parte erratamente descritto ed in parte anche fuorviante per chi ha letto l’articolo: in particolare, l’articolata normativa canonistica da voi citata, riguardante la delicata procedura per rimuovere un parroco, manca di alcuni riferimenti centrali per comprendere quali siano state le motivazioni della decisione del Vescovo di Como, SE Mons. Oscar Cantoni; il quale, peraltro, quale Superiore del Suo sacerdote, detiene sempre ed in ogni caso la potestà ordinaria per emettere qualsiasi provvedimento di governo (e ciò, nonostante i fedeli delle Parrocchie coinvolte siano comprensibilmente dispiaciuti per una tale decisione, certamente intervenuta senza preavvisi).

È dunque del tutto errato — quantomeno sotto il profilo del diritto canonico — insistere nell’articolo a far ritenere che i fedeli possano avanzare anche solo un qualche diritto a vedersi chiariti i motivi che hanno spinto il Vescovo di Como ad assumere un provvedimento di tale peso ed importanza, e che però rientra nella Sua piena potestà amministrativa. Egli, infatti, non deve certo giustificarsi, se non nel caso il destinatario promuova ricorso, e solo agli Organi a sua volta superiori (ove, peraltro, il provvedimento notificato a don Emanuele è già stato tempestivamente e ritualmente impugnato, ed è oggetto d’istruttoria).

Non solo, ma avete ulteriormente affermato, con omologa superficialità ed ignorando completamente le norme civili ed i disposti canonici, che don Emanuele avrebbe disobbedito al suo Superiore quando questi, l’anno scorso, ne aveva deciso il trasferimento nelle parrocchie di San Giorgio e San Salvatore. Una tale affermazione è parimenti frutto della vostra fantasia: non basterebbe, infatti non condividere e non accettare un provvedimento fondato sulla potestà del proprio Superiore per non eseguirlo; ma occorre chiederne il vaglio sempre agli Organi Superiori della Chiesa.

Né corrisponde punto al vero, pertanto, che don Emanuele non condivise la superiore decisione, “continuando a svolgere il suo ministero in Valcuvia”: bensì ha chiesto ed ottenuto che il Vescovo ritirasse il decreto di trasferimento, dopo averlo gravato davanti alla superiore Congregazione per il Clero.

Come potete facilmente intuire, questa modalità di utilizzare il vostro strumento di comunicazione è del tutto fuorviante, e non fa che alimentare fra la comunità pensieri ed idee che non fanno bene, oltre che alla Chiesa locale (ma non solo), anche al nostro assistito; il quale peraltro sta regolarmente coltivando e proseguendo con cura il suo ministero di sacerdote a prescindere dalla rimozione dalle Parrocchie che per il momento è stata decisa dal suo Vescovo.

Non serve dover qui sottolineare, a questo riguardo, la gravità dell’affermazione secondo cui don Emanuele starebbe vivendo in “una sorta di isolamento nella casa di famiglia”.

Bastava, per chiarivi meglio la situazione e poter correttamente informare gli ignari vostri lettori, una seria e maggiormente approfondita disamina della questione, invece che limitarvi ad una versione dei fatti che — emerge chiaramente dalla superficialità di quanto voi scrivete nel vostro articolo — vi avrà fornito qualche fedele della zona senza alcuna specifica preparazione (…).

Studio legale Borgna
Milano Roma

Il giallo della rimozione del parroco di Orino, Azzio e Comacchio

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