Paesaggi degradati e paesaggi criminali

Un viaggio con il professor Giuseppe Muti dentro le distopie di casa nostra

Il paesaggio è un patrimonio, sotto tutti i punti di vista: sociale, ambientale, economico, relazionale. Ed è un elemento di benessere fondamentale. Il concetto è stato inserito con forza nella “Convenzione europea sul Paesaggio”, firmata nel 2000 a Firenze, e ribadito in occasione del seminario “Paesaggi distopici: paesaggi degradati e paesaggi criminali”, tenuto dal professor Giuseppe Muti, docente di Geografia nel corso di laurea in “Storia e storie del mondo contemporaneo” dell’Università dell’Insubria di Varese. Il professor Muti sta guidando gli studenti e gli ospiti in un viaggio webinar decisamente suggestivo, attraverso la geografia che non è solo quella delle capitali e delle nazioni. La tappa di questa settimana ha messo a fuoco il significato dei paesaggi distopici, ossia di quei sistemi in cui si vive (talvolta inconsapevolmente) e che sono connotati in modo fortemente negativo. Il paesaggio, infatti, non è solo una realtà in sé. Conta soprattutto come lo viviamo e lo percepiamo. Molto spesso, però, non ci si rende conto di vivere in paesaggi degradati e, in alcuni casi, perfino in paesaggi criminali.

Il paesaggio non è solo quello affascinante che fa da sfondo ai selfie (tramonti, montagne, verdi colline, edifici d’epoca o meraviglie architettoniche), è soprattutto parte del vissuto di tutti i giorni. “Sono i luoghi in cui siamo quotidianamente inseriti – spiega il professor Giuseppe Muti – sono i nostri spazi esistenziali, gli spazi a cui apparteniamo, gli spazi vissuti. Pertanto il paesaggio è un elemento centrale della nostra vita”. Acquisita tale consapevolezza, il passo successivo è accettare l’idea che i paesaggi distopici (in cui spesso siamo inseriti) sono maledettamente reali. Lasciando da parte situazioni estreme, come gli slum delle grandi città africane, asiatiche o latino-americane, vi sono distopie quotidiane di cui non ci rendiamo conto. E proprio la Lombardia e in particolare l’asse che collega Milano con Varese ne sono un tragico esempio, come riportano “I classici padani”, pietra miliare dell’editoria che documenta le storture del paesaggio italiano. Giuseppe Muti mostra un’infinità di paesaggi degradati che – ahinoi – abbiamo accettato e sono parte appunto del vissuto quotidiano: abusivismi e cementificazioni selvagge, cave che lacerano il territorio, urbanizzazioni discutibili, opere incompiute, fino ad arrivare all’apparentemente banale distesa di reti per l’edilizia che accompagnano da sempre i nostri tragitti quotidiani. E a cui non facciamo più caso.

Il passaggio dallo spazio degradato a quello criminale è breve: la terra dei fuochi in Campania e le discariche abusive di materiali tossici poi ricoperti di terra su cui cresce erba (avvelenata) ne sono la testimonianza, ma attenzione – avverte il professor Muti – i paesaggi criminali non sono solo al Sud: “La terra dei fuochi – spiega – è anche in Lombardia, dove dal 2015 al 2018 ci sono stati 145 incendi dolosi per eliminare rifiuti inquinanti invece di sottoporli ad un regolare smaltimento. Altri 100 casi analoghi sono stati rilevati in Piemonte che, con la Lombardia, è la regione più colpita. Vi è una rimodulazione del traffico dei rifiuti per lo smaltimento illegale: vengono stipati in capannoni abbandonati, che peraltro abbondano di questi tempi, e poi bruciati o semplicemente abbandonati”. Crimini contro l’ambiente, nell’ambito dei quali le eco-camorre hanno svolto (e svolgono) un ruolo da protagonisti. Ma non esiste solo il binomio camorra-rifiuti: è un paesaggio criminale anche ciascuno di quei luoghi degradati a cui siamo stati assuefatti negli anni. Un danno all’interesse collettivo che toglie benessere individuale e sociale.

Come fare a prendere coscienza del paesaggio in cui viviamo? Osservando, fotografando e partecipando al progetto di ricerca “#Mylookmylandscape” (aperto a tutti), un’indagine interdisciplinare che propone il racconto e la raccolta dei paesaggi vissuti e percepiti da ciascuno, nella propria quotidianità. Clicca qui per partecipare.

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