«Pronto, sono la Teresa»: Provasio e i Legnanesi telefonano a casa dei loro fan

legnanesi provasio teresa intervista

LEGNANO – «Pronto, come sta? Sono la Teresa». Ma anche la Mabilia o il Giovanni. Se i loro fan non possono andare a vederli a teatro, i Legnanesi entrano nelle loro case con il telefono. È uno dei modi in cui la compagnia trascorre queste giornate di forzata inattività. A partire da Antonio Provasio, la sempre più popolare Teresa, chiuso con la moglie, Mitia Del Brocco (nella foto sopra, la coppia sul set del film “Non è Natale senza panettone”) nella sua casa a San Giorgio su Legnano, in attesa di riprendere la tournèe bruscamente interrotta a causa dell’emergenza sanitaria. Nel frattempo Provasio, come ci racconta, si riposa, si rilassa e prepara il nuovo spettacolo per la prossima stagione. Che chissà quando avrà inizio.

Provasio, dica la verità: quanto le manca il teatro?

«Il teatro è la mia vita. Mi manca come manca il lavoro a qualunque lavoratore. Specialmente per un uomo, è fondamentale. Mi manca l’approccio col pubblico, mi manca la gente, la voglia di divertirmi. Perché, come dico sempre, noi riusciamo a divertire divertendoci. La nostra compagnia è un bel gruppo di persone che si divertono insieme, ci sentiamo praticamente tutti i giorni anche via Skype».

E la Teresa?

«La Teresa sta diventando pazza, col suo Giovanni diventano matti insieme… A proposito, col Lorenzo (Cordara, nda) ci sentiamo tutti i giorni, sta perfezionando il personaggio e lavorando su alcune situazioni. Insomma, siamo sempre in movimento. E poi ci sono le telefonate…».

Quali telefonate?

«Una volta alla settimana abbiamo deciso di telefonare ai nostri “vecchietti”. Noi abbiamo il 50-60% del pubblico over 60, legnanesi provasio teresa intervistaquello che è stato più massacrato da questo maledetto di coronavirus. Questa è la terza settimana in cui io, il Giovanni e la Mabilia (Enrico Dalceri, nda) facciamo una ventina di telefonate a testa a queste persone che magari sono anche da sole e chiacchieriamo un po’. La cosa è piaciuta molto e siamo contenti di tirare almeno un po’ su il morale».

Com’è stato piantare a metà la stagione, che stava andando benissimo?

«Ci siamo rimasti male. Meno male che siamo riusciti a fare quattro settimane a Milano. Lo spettacolo è piaciuto, andava alla grande. Abbiamo perso almeno 60-70 date».

Come ripartirete?

«Penso a un rientro per dicembre. Non so come avverrà, se la gente avrà paura a tornare a teatro. Penso che ci giochiamo tutto tra maggio e giugno: se a maggio piano piano si ritorna alla “normalità” e dopo l’estate non ci sarà un ritorno di questo maledetto coronavirus, tra settembre e ottobre potremmo essere un po’ più sereni e a dicembre ripartire col teatro. Non sappiamo se continuare con questo spettacolo o proporre lo spettacolo nuovo, vedremo che cosa fare. È un peccato non portare avanti l’ultimo spettacolo, molto carino e particolare, che stava piacendo veramente tanto».

Da più parti si levano appelli per salvare il teatro: secondo lei, che cosa servirebbe?

«Do ragione ai miei colleghi quando dicono che siamo stati un po’ bistrattati. Bisognerebbe dare una mano a chi lavora nel mondo dello spettacolo, perché non ci sono solo venti primattori che, ringraziando Dio, possono vivere fino a dicembre abbastanza tranquilli: c’è dietro tutto un sottobosco di tecnici, macchinisti, sarte, costumisti eccetera che se non lavora fa fatica ad arrivare alla fine del mese. Non sono invece d’accordo a ripartire subito, perché la gente non verrebbe. Neanch’io andrei a vedere uno spettacolo, perché avrei paura. È giusto aspettare per la riapertura, ma allora bisogna provvedere a chi non lavora e non ha da mangiare».

Quale segno lascerà l’attuale crisi?

«Il successo dei Legnanesi viene dalle disgrazie dei pover crist. Dal 1949 a oggi le problematiche degli operai e delle persone di ceto medio-basso sono sempre state le stesse. Cerchiamo di superare anche questa nel migliore modo possibile, di stare uniti, di non mollare e sperare che il nostro governo ci dia una mano, perché anche la storia dei 600 euro per me è stata una buffonata incredibile. Per certi versi, questa ferma è stata anche positiva: basti pensare all’ambiente, se lei esce la mattina sembra di essere in un altro mondo. C’è il cielo azzurro, si sentono i cinguettii degli uccelli, si vedono gli animali per le strade… Il problema sono gli umani, abbiamo rovinato noi il mondo che ci circonda. Il vero problema adesso è ricominciare col piede giusto. Ma quello che non sento è la sicurezza, che la classe politica ci possa dare una mano. Riconoscono tutti che gli italiani sono, gli italiani dicono, gli italiani fanno, però agli italiani gliela mettono sempre nel deretano».

Trarrà ispirazione per i suoi copioni dalle vicende di questo periodo?

«Sicuramente sì. Nella prossima stagione, anche se dovessimo riproporre l’ultimo spettacolo, riscriveremo la prima parte, quella con il balletto dei nostri Boys all’inizio e renderemo omaggio a chi ha perso la vita a causa di ’sto maledetto coronavirus e ai medici, infermieri, alle forze di polizia, alle persone che hanno tenuto aperti i negozi dove si può andare a fare la spesa, perché se lo meritano veramente».

legnanesi provasio teresa intervista – MALPENSA24