Propaganda rancida e presidenzialismo umorale

lodi campagna elettorale

di Massimo Lodi

Molto chiasso, risultato nullo. La campagna elettorale è sinora un logoro/stantìo materasso dove rimbalzano slogan e illusioni. Credibilità zero, pulsione al voto idem. Il 25 settembre si candida a Waterloo della partecipazione democratica. Talmente incapaci di sovrintedere all’Italia, nella morente legislatura i partiti han pregato un premier tecnico di fronteggiare pandemia e crisi economica, oltre che di fare un acconcio utilizzo dei fondi europei da Pnrr. Poi, nonostante l’emergenza aggiuntasi della guerra in Ucraina, l’hanno impiombato in anticipo sulla scadenza naturale (primavera 2023): i Cinquestelle sabotandolo; Lega e Forza Italia partecipando al siluramento, ingolositi dal ritorno anticipato alle urne; la Meloni raccogliendo il frutto d’un quinquennio d’opposizione.

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Massimo Lodi

E adesso, a pistola ancora fumante, quali novità? Nessuna. Replay di copioni rancidi, slogan polverosi, messaggi d’inconsistente presa. A un Paese bisognoso di concretezza si offre il vaniloquio. Promesse a man salva, mirabilie raccontate da ciascuno la sua, indifferenza/spregio verso l’intelligenza popolare. Se si desse retta ai programmi, non ci sarebbe dubbio sulla scelta d’astenersi. Finirà che i superstiti alla tentazione di rimanere a casa personalizzeranno il consenso: prevarrà il sentimento verso i leader, non l’attenzione a quanto propongono.

È questo il paradosso cui ci stiamo avvicinando. In un’elezione svilita nel suo valore dall’incapacità dei capipartito di praticare una politica degna di questo nome, la sfida si giocherà sul residuale “appeal” dei medesimi verso i cittadini. Ovvero: pur a malincuore, gli obbedienti allo spirito democratico s’affideranno più al tic di simpatia-antipatia suscitato dal personaggio tizio o caio che al contenuto del suo pseudo-progetto. In fondo, e casualmente, siamo già immersi bongré malgré in una sorta di presidenzialismo emotivo/umorale, peraltro non una new entry. Anche in passato si votava, oltre che in omaggio alle strategie di lavoro comunitario indicate dalle forze politiche, sulle qualità individuali dei loro segretari. All’epoca dei De Gasperi, Togliatti, Nenni, Saragat, Malagodi era succeduta la stagione dei Moro, Andreotti, Berlinguer, Craxi, Spadolini. E a costoro, al personale fascino di visionaria affabulazione, davano corda i votanti. La differenza, rispetto ad oggi, era il profilo dei contendenti: personalità e non personaggi. Figure di grande carisma e non da piccolo cabotaggio. Gente che sapeva distinguere tra sensibilità di bottega e senso dello Stato, conciliandole quando si poteva, privilegiando il secondo alla prima quando no. Ora ci si deve contentare del meno peggio, non essendo possibile trovare il meglio. Nella speranza che, a scrutinio esaurito, si vada avanti guardando indietro: il lascito Draghi merita un’eredità coerente e vantaggiosa. Scommettiamo che il 26 settembre se ne discuterà, dopo le esequie d’alleanze oggi impegnate nel vivo d’un propagandismo di maniera?

Ps

Il Meeting per l’amicizia dei popoli promosso da Cl apre oggi a Rimini, intitolato “Una passione per l’uomo”. Si aspettano (1) cenni illuminanti su quale passione, quali uomini. Si aspettano (2) risposte praticabili alla sollecitazione papale: “Quanto bisogno c’è d’incontrare persone che non impartiscano lezioni dal balcone, ma scendano in strada per condividere la fatica quotidiana del vivere”.

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