Il disastro della funivia, quando l’irresponsabilità provoca il destino

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Non ci sono parole. E se mai ci fossero dovrebbero essere per forza di cose dure, aspre, taglienti. “Sapevano che i freni della funivia erano disattivati”. Una dichiarazione che induce allo sconcerto a fronte della strage di domenica scorsa sul Mottarone. Le confessioni che i responsabili dell’impianto di risalita hanno reso nella notte al magistrato, che li ha arrestati, sono un colpo al cuore per tutti noi, per un’intera comunità già scossa dall’esito dell’incidente in cui hanno perso la vita quattordici persone. E che ora è costretta a reggere l’impatto con una notizia che, pur nella sua recondita e insperata prevedibilità, risulta inaccettabile.

Non si tratta né di negligenza, intesa come disattenzione, né di errore umano, ma di dolo. Quei freni disattivati per evitare di fermare l’impianto sono la conferma della gravità di un’omissione motivata dalla necessità di “fare cassa”. Di farla comunque, anche mettendo a rischio l’incolumità di cittadini ignari del pericolo, felici di salire in vetta in una giornata di sole, che avrebbe dovuto regalare spensieratezza e felicità nella prima vera domenica di libertà dopo i lunghi mesi del lockdown.

Non ci sono parole, né riusciamo a crederci. Fosse negligenza, fosse un errore di valutazione tecnica, fosse qualunque altra spiegazione potremmo, alla lunga, farcene una ragione. Anche se per i famigliari delle vittime sarebbe comunque difficile, se non impossibile, lenire il dolore ed elaborare il lutto. Sapere però che la strage è la conseguenza di una scelta deliberata, addirittura imposta per non bloccare l’impianto, risulta al di là dell’umana comprensione. Chi ha deciso di “muovere le macchine” in quelle condizioni ha giocato con la sorte (degli altri), anzi, l’ha sfidata. Ha ritenuto inconsistente l’eventualità che la fune di traino, peraltro vecchia di un quarto di secolo, avrebbe potuto strapparsi. Per questo il freno d’emergenza, che nei collaudi presentava alcune anomalie, mai sarebbe servito secondo una loro valutazione.

Destino? Mettiamola così, destino. Ma spesso il destino dipende dagli uomini, dai loro comportamenti, dal loro senso di responsabilità. Che in questo frangente è sotto terra, disatteso, calpestato. D’accordo, per giorni la funivia è andata su e giù senza dare problemi, con i freni inattivati dal cosiddetto forchettone che blocca le ganasce. Per giorni è andata bene. Poi, il disastro.

Ora piangiamo quattordici vittime e ci strappiamo le vesti per un gruppo di irresponsabili che, se mai le accuse a loro carico fossero confermate in giudizio, avrebbero per sempre un terribile peso sulla coscienza. Purtroppo a testimonianza di abitudini consolidate in molti settori del nostro Paese, dove il tasso di sensibilità civica, il senso di correttezza e di rigore professionale si declinano con la sventatezza che, appunto, fa il paio con l’irresponsabilità. E non solo.

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