Rivolta in carcere a Busto, Pd e Forza Italia pretendono risposte

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BUSTO ARSIZIO – Solidarietà agli agenti contusi e «massimo impegno per migliorare le condizioni di una struttura che conosce da anni una situazione di sovraffollamento e carenza del personale andando oltre la semplice solidarietà di rito». Continuano ad arrivare da più parti del mondo politico dichiarazioni e azioni in merito alla sommossa tra detenuti nel carcere di Busto Arsizio dello scorso 26 settembre. Una lite tra due carcerati sfociata in rivolta con tanto di materasso in fiamme, al seguito della quale dieci agenti della Penitenziaria sono dovuti ricorrere alle cure ospedaliere. Un fatto giudicato «estremamente grave e preoccupante» da Lara Comi, europarlamentare di Forza Italia e vicepresidente del Gruppo PPE, che nel pomeriggio di lunedì 1 ottobre sarà in visita alla Casa Circondariale di Busto Arsizio, per confrontarsi con il direttore, gli agenti di Polizia Penitenziaria e le organizzazioni sindacali circa i fatti avvenuti.

rivolta carcere bustoServono risposte

«Gli agenti meritano non solo solidarietà di rito ma soprattutto risposte concrete ai problemi ormai annosi di sovraffollamento della struttura e di carenza di personale» afferma Comi, che ha appreso dell’episodio mentre si trovava in Sicilia con il Gruppo PPE al Parlamento europeo per affrontare il tema dell’immigrazione e dell’asilo, chiedendo immediatamente un confronto con il direttore della Casa Circondariale Orazio Sorrentini e con la comandante della Polizia Penitenziaria Rossella Panaro.

rivolta carcere bustoInterrogazione al Ministro della Giustizia

La deputata Pd Maria Chiara Gadda è invece intervenuta sulla questione depositando un’interrogazione alla Camera all’attenzione del Ministro della Giustizia, Bonafede. Secondo Gadda, «il modo migliore per esprimere solidarietà agli agenti è interessare in modo formale il Ministro e sollecitare un intervento» rispetto non solo all’organico della Casa Circondariale di Busto «considerate le difficili condizioni in cui gli agenti si trovano quotidianamente a lavorare», ma anche in merito a misure che, volte al reinserimento socio lavorativo dei detenuti, «avrebbero certamente un impatto sulle condizioni all’interno del carcere».

 

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