Salvini lancia la federazione repubblicana di centrodestra. Come Reguzzoni nel 2015

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Matteo Salvini e Marco Reguzzoni

Correva l’anno 2015. Marco Reguzzoni, già capogruppo della Lega a Montecitorio e, prima ancora, presidente della Provincia di Varese, lanciava I Repubblicani. “Il non partito per unire il centrodestra”. In altri termini, una federazione. Quasi sette anni dopo, in scia alla tormentata rielezione di Sergio Mattarella, Matteo Salvini lancia, meglio, rilancia il Partito Repubblicano sul modello di quello americano, né più né meno quanto proposto dall’ormai ex leghista Reguzzoni, cioè, una federazione. Spiega Salvini su Il Giornale di oggi, lunedì 31 gennaio, “solo un nuovo contenitore politico delle forze di centrodestra – sono sue parole – a cominciare da quelle che appoggiano il governo Draghi, può agire in modo incisivo”.

 Chi c’era al Teatro Nuovo di Milano alla convention fondativa, nella tarda primavera del 2015, ha avuto modo di ascoltare lo stesso concetto da Reguzzoni. Con lui, Nunzia Di Girolamo, Antonio Martino, e una schiera di personalità politiche pronte a condividere l’idea. Sullo sfondo dell’iniziativa reguzzoniana si disse facesse capolino nientemeno che Silvio Berlusconi. In effetti, il Cavaliere aveva già ipotizzato tempo prima un progetto politico per unire i principali partiti di centrodestra di allora, con un programma liberista in economia e conservatore nei valori, con il taglio delle tasse come primo obiettivo. I Repubblicani riproponevano quei concetti, ampliandoli nei contenuti e esortando i leader di quel momento, tra cui lo stesso Berlusconi, a fare ciascuno “un passo indietro per farne cento in avanti”, creando così il nuovo contenitore.

Oggi, Matteo Salvini, spinto dalla disfatta del centrodestra nella vicenda per il Quirinale, riprende uguali temi. E, tra l’altro, scrive: “Per federarci abbiamo bisogno di superare gli egoismi: non annullando, ma valorizzando le nostre differenze e facendole poi convergere in una sintesi in cui tutti si possano riconoscere. La sintesi culturale, valoriale, in verità già esiste: i nostri valori sono chiari, solidi, alternativi a quelli della sinistra”. Tutto come sei anni e mezzo fa. Poi, ancora: “Bisogna reagire e creare daccapo le condizioni del nostro stare insieme. Anche il progetto più convincente ha bisogno di una gamba politica che lo faccia camminare, di una organizzazione adeguata che metta capo a una unità di intenti e di azione pratica che valorizzi e non disperda le nostre forze. Gli attuali schemi non riescono a garantire del tutto questo ancoraggio al reale: non basta sommare le nostre forze ma è necessario che si cominci a ragionare in un’ottica veramente unitaria. È giunto il momento di federarci”.

Nel 2015, l’iniziativa (vi aderirono anche Raffaele Cattaneo e Gigi Farioli) non decollò. Forse non erano maturi i tempi. Forse il progetto di Marco Reguzzoni era troppo innovativo rispetto alle esigenze dei singoli partiti. O forse, proprio perché risolutivo rispetto alla dispersione di risorse progettuali e di idee, non ebbe spazio per svilupparsi. Ora, con il centrodestra messo piuttosto male, trova una ragione in più per avere maggior successo. Con Salvini in campo le premesse ci sono tutte. Benché le ragioni della politica finiscano spesso per imboccare strade divergenti. Anche e soprattutto in uno stesso schieramento.

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