Sant’Antonio Abate a cronicità e anziani. L’ex sindaco Mucci lancia le sue proposte

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GALLARATENicola Mucci, già primo cittadino di Gallarate, interviene con un contributo di proposte sull’ospedale unico e sul riutilizzo degli edifici del Sant’Antonio Abate che saranno dismessi. Una serie di argomentazioni e di idee valide per il confronto aperto in città sullo specifico problema e fonte di polemiche. Mucci va invece sul concreto. Ecco la lunga nota inviata a Malpensa24.

“Chiedo ospitalità a Malpensa 24, ringraziando anticipatamente l’editore Fabrizio Iseni ed il direttore Vincenzo Coronetti, per lo spazio che vorranno dedicarmi in merito al dibattito sull’ospedale unico Busto-Gallarate. È con significativo interesse che ho seguito i numerosi articoli che avete pubblicato, d’altronde l’argomento richiama ad una forte attenzione, stante il primario servizio che dovrà essere garantito alle comunità del territorio.

Dice bene l’amico Gigi Farioli, era il 2006 ed assieme tracciammo le fondamentali linee del progetto “Ospedale Unico “, anticipando di fatto di qualche anno le linee ed i contenuti delle successive riforme del settore sanitario volute da regione Lombardia. È di tutta evidenza oggi che il sistema sanitario regionale agisce su presupposti e prospettive molto chiare. Gli ospedali devono assurgere a funzioni sempre più specializzate, quasi esclusive, della gestione della emergenza ed urgenza e alla cura del momento acuto della malattia, creando una significativa cesura fra tali funzioni e quelle riabilitative e di lungo degenza, integrate dalle attività della medicina di base.
In questo scenario, le due strutture di Gallarate e Busto, entrambe di media dimensione e con una sostanziale duplicazione delle specialità sanitarie, non avrebbero avuto futuro.

L’ospedale moderno in Lombardia dovrà avere importanti ma razionali dimensioni, tali per cui , le risorse economiche siano più correttamente utilizzate per l’erogazione di servizi, personale e attrezzature sanitarie, piuttosto che per il mantenimento di un vastissimo patrimonio immobiliare ed infrastrutturale, spesso molto datato e poco razionale. Si aggiunga altresì che ospedali di maggiori dimensioni garantiscono un numero più concentrato ed elevato di interventi, con una casistica completa che consente ai medici la possibilità di poter trattare efficacemente ogni tipo di patologie con strumenti idonei ed tecnologicamente avanzati.

Fatte queste doverose premesse, non voglio dilungarmi su sterili dibattiti circa la collocazione geografica ( in territorio di Busto o Gallarate) della nuova struttura. La ritengo infatti una battaglia di retroguardia. È necessario che il nuovo ospedale sia razionalmente collocato in un’area baricentrica alle comunità servite e ben collegato alle più importanti infrastrutture stradali e di trasporto pubblico.

Legittima è invece la preoccupazione di Forza Italia Gallarate sul mantenimento di un servizio sanitario efficace presso il Sant’Antonio Abate sino a quando non avrà trovato piena efficienza la nuova struttura ospedaliera. Occorre evitare un progressivo ed inarrestabile depauperamento dei servizi offerti, mantenendo un livello di eccellenza degli stessi.

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Il due volte sindaco di Gallarate Nicola Mucci

Assai più complicata è invece la riflessione circa il destino delle aree dei due attuali nosocomi una volta che sarà ultimata la nuova struttura ospedaliera. Conosco molto poco della realtà bustocca, pertanto mi permetterò di dare un contributo costruttivo per la realtà gallaratese.
Certamente la nostra città non potrà permettersi di avere a poche centinaia di metri dal nucleo del centro storico, un’area così ampia inutilizzata ed in preda al degrado. Si osservi inoltre che il Sant’Antonio Abate garantisce oggi la presenza di alcune migliaia di persone fra dipendenti e fruitori dei servizi, con tutte le positive ricadute per le attività economiche Ivi presenti. Credo infine che sia assai importante mantenere la vocazione pubblica di quella porzione di territorio. Va da se che l’intero patrimonio immobiliare dovrà essere sottoposto ad una radicale opera di ammodernamento e ristrutturazione ed in alcuni casi di eliminazione degli edifici più datati e di minor pregio.

Preoccupiamoci però preliminarmente delle funzioni. Dicevo in premessa della netta separazione fra attività volte alla cura delle acuzie e le attività riabilitative e della cura della cronicità. È purtroppo esperienza comune e diffusa che, affrontato il momento acuto della malattia, gli ospedali tendono sempre più a garantire solo pochi giorni di degenza post operatoria. Ad onore del vero, ciò che accade dopo, nella cura e nell’assistenza del malato e del cronico, ricade sulle famiglie o su strutture sanitarie, pubbliche o private, lontane dai luoghi di resistenza. Molti degli edifici del Sant’Antonio Abate potrebbero essere efficacemente riconvertiti a tali cure ( riabilitazione e cronicità), magari mantenendo una diagnostica di base, integrata dalla possibilità di poter ottenere ( attraverso la posa di fibra ottica dedicata) tutte le informazioni sanitarie sul paziente dal nuovo ospedale unico.

Chi potrebbe gestire un simile servizio? Potrebbero essere certamente molti privati ma perché non pensare alla nostra 3SG. Certo si tratterebbe di un passaggio epocale per la struttura comunale che passerebbe da essere soggetto prettamente socio assistenziale a soggetto erogatore anche di servizi sanitari. Sono molteplici i punti di forza di 3SG. La realtà è attiva da anni sul territorio, conosciuta ed apprezzata, quindi solida e con i conti in ordine. Ha inoltre la fortuna di essere guidata da un valido presidente, il dott. Giacomo Peroni, già dirigente ospedaliero, certamente in grado di elaborare e guidare un simile processo di sviluppo economico e di attività.

La cura delle riabilitazioni e delle cronicità spesso diventa complementare alla cura dell’anziano e più in generale della terza età. In questo senso potrebbero essere riconvertiti parecchi edifici alla residenzialita’ protetta. Sono esperienze già testate in tutta Europa con successo, garantendo ad anziani ( single o in coppia) servizi socio assistenziali nel loro luogo di residenza (medico, infermieri, ristorazione, spazi comuni). La vicinanza per altro con il centro storico, permetterebbe all’anziano di sentirsi pienamente integrato nel tessuto sociale ed economico della città.

Anche qui Gallarate ha la fortuna di avere due strutture storiche, ben gestite ed apprezzate, non lontano dal Sant’Antonio Abate.
Parlo degli amici del Melo e del Bellora. Struttura che potenzialmente potrebbero essere interessate, occupando parte del padiglioni ospedalieri a completare sia la loro offerta come Rsa sia a sviluppare progetti di residenzialita’ assistita.

Anche per i più antichi padiglioni dell’ospedale gallaratese potrebbe essere garantita una nuova fruizione pubblica, questa volta nel settore educativo e formativo. Penso al padiglione di largo Boito, nel quale potrebbe essere verifica la possibilità di ospitare una scuola di formazione per asa e ooss ed un liceo biomedico in collaborazione con vicino istituto del “Sacro Cuore”. Altri immobili, più periferici e di maggior pregio, credo possano essere alienati sul libero mercato. Penso al palazzo ex sede della Direzione Generale di largo Boito, o alla villa che si affaccia su piazza Giovane Italia o all’immobile ex ASL.

In questo senso ritengo che la sede della Asst locale dovrà essere più razionalmente spostata proprio negli immobili del nosocomio gallaratese insieme magari ad alcuni spazi che opportunamente ristrutturati in studi medici, possano essere offerti ai medici di base operanti a Gallarate in modo che, integrata la loro attività ,possano offrire 7 giorni su 7 prestazioni di medicina di base agli assisti locali. Ritengo infine che nella attività di ristrutturazione e ammodernamento del Sant’Antonio Abate debba essere coinvolta anche Amsc. Nella speranza che conservi ancora risorse economiche e professionali adeguate, credo che possa elaborare un progetto industriale di teleriscaldamento che partendo proprio dall’ammodernamento dell’attuale ospedale, possa estendere nel tempo tale servizio alle aree densamente urbanizzate limitrofe, inaugurando un nuovo ramo industriale, quello dell’energia, che potrebbe contribuire ad un rilancio economico e occupazionale.

Temo di essermi dilungato troppo ma sono convinto che alcuni di questi contributi possano essere efficacemente inseriti nell’accordo di programma con Regione Lombardia. Occorrerà certamente stabilire fra Regione, Ente locale e soggetti privati e pubblici i necessari apporti economici, di locazione, di accreditamento per i servizi. A tal proposito mi permetto di suggerire la creazione di una specifica delega assessorile alla attuazione del progetto Ospedale Unico al fine di rendere molto dinamica e concreta la predisposizione dei necessari accordi.

Chiudo con una piccola nota di colore. Mi auguro che non si commettano errori nello scegliere adeguatamente il nome del nuovo ospedale Unico. Sarebbe sbagliato prestare il fianco a facili quanto antistorici campanilismi fra Busto e Gallarate“.

Dottor  Nicola Mucci
già due volte Sindaco di Gallarate

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