Se il PD sostenesse Letizia Moratti

«Se io fossi il segretario del PD chiamerei Moratti di corsa e le direi andiamo insieme. Questo se il PD avesse voglia di vincere, ma il PD di Letta voglia di vincere non ce l’ha». Provocazione di Matteo Renzi, uno che – al di là dell’antipatia generale che lo accompagna – ha ampiamente dimostrato di avere un certo fiuto politico. Con Letizia Moratti in campo, soprattutto alla luce delle motivazioni del suo strappo dal centrodestra di Attilio Fontana (ha parlato di «un forte segnale rispetto alle lentezze e alle difficoltà nell’azione di questa amministrazione»), la trama della sfida elettorale per Palazzo Lombardia si fa più imprevedibile e lascia intendere che, forse, il film delle regionali potrebbe anche cambiare il finale scontato degli ultimi trent’anni. Eppure il PD, che è la prima forza dell’opposizione in Lombardia, ha già messo in chiaro in tutte le salse che no, la Moratti proprio no. «Non la si può mettere nel novero dei candidati del centrosinistra» ha dichiarato Fabio Pizzul, capogruppo Dem al Pirellone, ai microfoni di Malpensa24. «Siamo impegnati in un’altra direzione» ha ammesso a “Il Foglio” il senatore varesino (di Base Riformista) Alessandro Alfieri, che pure aveva subito invocato un asse tra moderati e riformisti per lanciare la “campagna di Lombardia”.

Tutto vero. Tutto legittimo. Letizia Moratti è stata la ministra dell’istruzione del governo Berlusconi che ha battezzato una riforma scolastica che a sinistra provoca ancora l’orticaria ed è stata l’ultimo sindaco di Milano espresso dal centrodestra, prima che venisse sconfitta da un vero uomo di sinistra come Giuliano Pisapia al termine di una tesissima campagna elettorale, poi dieci anni dopo è riemersa sulla scena politica per fare la “numero due” della giunta Fontana, apertamente osteggiata dal centrosinistra per la nuova riforma sanitaria. È pienamente comprensibile che il PD, che è sempre stato dall’altra parte della barricata rispetto a tutte le esperienze politiche di Letizia Moratti, ora guardi altrove per cercare un competitor che possa scalzare Attilio Fontana da Palazzo Lombardia. E si fa ancora una volta il nome di Carlo Cottarelli, non proprio figura di sinistra. Poi c’è la realtà. E ci sono i numeri. Quelli delle elezioni del 2018, quando il centrodestra guidato dall’ex sindaco di Varese trionfò sfiorando il 50% contro il 29% di Giorgio Gori, che già allora sembrava “l’uomo giusto” per tentare la scalata alla Lombardia. E quelli del 25 settembre scorso, quando in Lombardia la coalizione tra Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Noi Moderati superò il 50%, lasciando 23 punti di distacco al centrosinistra.

Ora, è vero che se Letizia Moratti scende in campo, in solitaria o sostenuta dal Terzo Polo, è plausibile che possa drenare qualche punto (anche) al centrodestra, ma appare complicato pensare che possa indebolire la coalizione di maggioranza a tal punto da mettere in discussione il successo elettorale di Fontana & C. E quindi si torna al “campo delle cento pertiche”. Davvero la prospettiva di vincere in Lombardia non val bene un “montanelliano” turarsi il naso di fronte a Letizia Moratti? Magari a fronte di impegni precisi sui temi che il PD, in Lombardia, ritiene imprescindibili, come sanità e trasporto pubblico. Sappiamo che non succederà, ma per conquistare la Lombardia, prima regione d’Italia, dal 1995 saldamente in mano al centrodestra, non si può prescindere dal fatto di andare a pescare consensi nel campo avverso (a quello del PD). Riuscirci contro il centrodestra che è da poco diventato maggioranza a livello nazionale, sarebbe un colpo da maestro. Che richiede coraggio e fiuto politico. E forse anche un pizzico di follia. Ma l’alternativa qual è?

letizia moratti pd lombardia – MALPENSA24