Stallo Quirinale, a vuoto anche il secondo scrutinio. “Salgono” Bossi e Giorgetti

ROMA – Fumata nera anche al secondo scrutinio delle elezioni per il Presidente della Repubblica. Ancora una pioggia di schede bianche, in tutto 525, a certificare lo stallo nella corsa per il Colle. Il più votato è il presidente uscente Sergio Mattarella, a pari merito con il magistrato Paolo Maddalena, candidato degli ex grillini e già in testa al primo scrutinio, con 39 consensi ciascuno.

Lo spoglio

I due big leghisti del Varesotto, il Senatur Umberto Bossi e il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, aumentano i loro consensi, passando rispettivamente a 12 voti (dai 6 di ieri) e 8 (da 2). E ancor più di ieri, i grandi elettori si sono sbizzarriti nell’attribuire preferenze improbabili: da Enrico Ruggeri a Nino Frassica, da Al Bano a Massimo Giletti, passando per Claudio Baglioni, Christian De Sica, Giovanni Rana e il Ct della Nazionale Roberto Mancini. Fino a consensi mirati, come i 4 per l’ex assessore regionale DC Serafino Generoso, o curiose attestazioni, come quella per il direttore generale dell’assessorato all’autonomia di Regione Lombardia Ennio Castiglioni, e veri e propri tributi, come la preferenza espressa per Paola Deffendi Regeni, madre di Giulio, a sei anni dal rapimento del giovane ricercatore in Egitto.

Le trattative

Domani, 26 gennaio, il terzo scrutinio inizia alle 11. Sarà preceduto da una nottata di febbrili trattative per giungere ad un nome condiviso, dopo che la rosa di nomi proposta dal centrodestra – una terna formata dall’ex presidente del Senato Marcello Pera, dalla vicepresidente di Regione Lombardia Letizia Moratti e dall’ex magistrato Carlo Nordio – è stata bocciata dal vertice del centrosinistra tra PD, M5S e Leu. «Via i tatticismi – l’appello del segretario del PD Enrico Letta – chiudersi in una stanza e trovare la soluzione su un nome condiviso super partes e senza forzature».

I nomi in campo

Apparentemente in discesa le quotazioni del premier Mario Draghi, per le incertezze su un eventuale cambio di governo, resta da capire se il centrodestra vorrà puntare, dalla quarta votazione (quando il quorum scende alla maggioranza assoluta di 505 grandi elettori), sui “petali” rimasti coperti della presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati e del presidente del Consiglio di Stato Franco Frattini, o se si aprirà ad una soluzione a metà strada, come potrebbe essere l’ipotesi dell’ex presidente della Camera Pierferdinando Casini. O qualche nome a sorpresa che, come ha sempre insegnato la storia delle elezioni per il Quirinale, potrebbe spuntare dalle trattative tra le coalizioni.

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