Strage di Stresa, la testimonianza di un vigile del fuoco. Il dono al piccolo Eitan

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STRESA – «Dopo vent’anni di servizio pensi di averle viste tutte, terremoti, alluvioni, incidenti e incendi. Spesso in questi anni ho visto vite spezzate, lo chiami fato, lo chiami destino, tieni la testa bassa e ti impegni a fare il tuo. Lavori fianco a fianco di colleghi cerando di salvare vite. Reprimi le emozioni per stare concentrato su quello che stai facendo e cerchi di fare “off” finito l’intervento, di non portarti a casa nulla». E’ la straziante testimonianza di un vigile del fuoco intervenuto sulla tragedia della funivia Stresa-Mottarone. Una testimonianza umanissima, che racconta il dolore e lo sgomento di chi si è trovato alle prese con un intervento difficilissimo. Anche sotto il profilo delle emozioni.

Il dramma del non riuscire a salvare una vita

«Poi capitano giorni come quello di domenica (23 maggio, giorno della tragedia ndr). Davanti a certi eventi ti senti impotente, trattieni a stento le lacrime e ti viene un nodo in gola – prosegue il vigile del fuoco – Ma alla fine di tutto, vedi colleghi appoggiati a una pinta che piangono come bambini, chi con le testa tra le mani, chi guarda verso il cielo e ti rendi conto come dentro quelle divise scure con le strisce gialle, sotto a quei caschi neri, rossi e argento non ci sono supereroi, ci sono semplicemente uomini e donne. Persone con i loro sentimenti, le loro emozioni e si per quanto vuoi fare il “forte” le lacrime non le trattieni nemmeno tu, perché non c’è niente di peggio per un vigile del fuoco di non riuscire a salvare una vita».

Eitan non mollare

«Per giorni come quello di domenica non riesci a fare “off” te li porterai dentro tutta la vita, perché per quanto pensi a una giustificazione plausibile non la trovi, non riesci a buttarla dando “la colpa al destino”. Non riesci a giustificare come una domenica di gioia, di sorrisi e di bambini schiamazzanti si trasformi in un inferno in terra. Le emozioni si alternano tra rabbia e rassegnazione, schiaffi a occhi aperti che ti ricordano quanto siamo fragili e umani. Domenica scorsa non la scorderò per tutta la vita. Un abbraccio a voi quattordici che siete lassù, un abbraccio alle vostre famiglie che sono qua giù. A te Eitan che stai lottando il mio augurio: non mollare». E proprio i vigili del fuoco, attraverso il personale sanitario dell’ospedale Santa Margherita di Torino, hanno donato un casco. Un casco da vigile del fuoco con il suo nome sopra. Perché lui sappia che loro ci saranno sempre. E che non lo dimenticheranno mai.

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