Tsunami elettorale umbro, e adesso?

Elezioni in Umbria: tutto si è compiuto secondo previsioni. Forse anche oltre le previsioni alla luce dell’eccezionale risultato del centrodestra e, dentro la coalizione, di Lega e Fratelli d’ Italia. La Regione rossa, per lunga tradizione schierata a sinistra, non esiste più, spazzata via da un vero e proprio tsunami elettorale; tarato, è vero, sul locale, ma caricato di un significato nazionale. Constatazione facile in un contesto di pesanti divisioni e  per le dinamiche da cui è scaturito il governo giallorosso.

Due le domande che ricorrono a urne chiuse. La prima: quali saranno le conseguenze per il Conte Due? La seconda: Lega e Fratelli d’Italia sono partiti a forte trazione sovranista, l’elettorato umbro ha premiato loro e posto in fondo al cesto Forza Italia con un risicato 5 e rotti per cento. Poco rispetto al botto degli alleati che, oggi, potrebbero anche decidere di fare a meno di Berlusconi. Dunque?

Sul primo quesito sono subito cominciati gli scaribarile tra Pd e pentastellati,  il primo accreditato del 22 per cento dei consensi, i secondi precipitati attorno al 7 da una messe di consensi più che doppi alle Europee e addirittura triple alle Politiche del 2018. Conclusione: l’intesa giallorossa non tiene, anzi, è portatrice di sfracelli come questo, che rappresenta, comunque lo si voglia intendere, una spia per il futuro. A fine gennaio va alle urne un’altra regione rossa, l’Emilia Romagna. E più in là si rinnoveranno i consigli regionali in altre località del Paese. Il test umbro pone fin da subito il problema del’affidabilità della coalizione. Ma se Conte dovesse dare le dimissioni non farebbe altro che accelerare una sconfitta che già si intravede. Delle due l’una: o i Cinque Stelle, al momento i più bizzosi, decidono di tenere comunque botta (“Se andiamo al voto da soli vinciamo”) oppure, il rompete le righe, finirebbe per avvantaggiare proprio gli avversari di centrodestra. Che in questa situazione non vedono l’ora di replicare il successo di domenica 27 ottobre su più ampia scala. Centrodestra che ha goduto di una massa notevole di consensi in uscita da sinistra, flussi intuibili alla vigilia ma non in queste proporzioni.

E allora, che cosa ha determinato un tale clamoroso risultato? Stefano Candiani, che è stato commissario del Carroccio proprio a Perugia, sostiene che si tratti di affidabilità. In altre parole, i cittadini non si fidano di Di Maio e Zingaretti, tanto meno di Renzi, benché il suo nuovo partito non fosse in corsa domenica. Affidabilità a fronte di due leader, Salvini e Meloni, che in qualche modo evocano il decisionismo e evitano di perdersi in chiacchiere. Le chiacchiere, in certi scenari, stanno appunto a zero.

Chi rischia di rimanere ai margini è invece Forza Italia, che sopravvive e, alla luce degli esiti delle urne umbre, rimane quasi residuale rispetto ai suoi alleati sovranisti. I quali potrebbero anche decidere di fare corsa a sé nelle prossime occasioni, condannando i berluscones alla marginalità. Soluzioni che andranno via via concretizzandosi in tutte le località chiamate al voto in futuro, regioni ma forse anche città,  a scadenza naturale del mandato o addirittura in anticipo, facendo saltare le giunte meno strutturate o guidate da personaggi di disturbo. In altre parole, con Lega e Fratelli d’Italia in grandissimo spolvero, non ce n’è più per nessuno. Berlusconi avvisato mezzo salvato.

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