Tutti contro la Lombardia, ma non è un derby calcistico

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di Gian Franco Bottini

Si continua a sentir dire che “nulla sarà più come una volta” e anche noi di questo siamo convinti; siamo però altrettanto convinti che neanche il coronavirus riuscirà a far dismettere agli interpreti della nostra “politichetta” la puerile abitudine di scambiarsi accuse e mettersi le stanghe fra le ruote anche in momenti nei quali persino suocere e nuore cercano di ricordarsi che sono una famiglia.

In uno sfrangiato contesto nazionale, al quale purtroppo abbiamo fatto il callo e lo stomaco, si è inserito nei giorni scorsi un particolare argomento di scontro che potremmo definire “ la Lombardia vs. Resto del mondo”; il tutto riferentesi ovviamente a quanto sta avvenendo nella nostra regione, dove il virus sta facendo più danni del Barbarossa e dove i numeri sono tristemente deficitarii rispetto ad ogni ragionevole raffronto.

Grati per l’inarrivabile sforzo professionale e umano di tutto il nostro comparto medico-sanitario e certi dell’impegno in totale generosità e buonafede delle funzioni regionali, è comunque ipotizzabile che qualcosa non abbia funzionato e che il cercare di individuarlo sia comunque doveroso, onde evitare danni ulteriori.

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Gian Franco Bottini

Date queste premesse tutte le varie opinioni di sciacalli politici, virologi in cerca di visibilità, tuttologi da tastiera e acidi “foresti”, per alcuni giorni ci hanno lasciati del tutto indifferenti e, forse sbagliando, non ci hanno fatto scorgere i sintomi di una preordinata azione anti-lombarda tale da sollecitare il nostro ovvio orgoglio regionale. Anzi,in quanto inveterati juventini, , lo ritenevamo del tutto un fatto usuale che “i migliori” fossero attaccati e criticati semplicemente per invidia . Un po’ come dire “siamo sempre i più bravi e gli altri rosicano!

Poi però l’altro giorno abbiamo provato fastidio di fronte a certe uscite, per ironia della sorte di opinionisti nostrani, che affrontavano la questione come fosse un fatto di lesa maestà, con quella punta di spocchia che non sopportiamo nelle faccende di calcio, figuriamoci in situazione serie come l’attuale.

Non è certo un evento, seppur tragicamente impattante, che può mettere in discussione l’indiscutibile primato della nostra Regione e ancor meno l’elevato livello qualitativo della nostra sanità universalmente riconosciuta e utilizzata anche da qualche “foresto”, che adesso è fra i detrattori. Ne siamo talmente convinti da ritenerci fra i più accesi sostenitori della necessità di un urgente ottenimento di una nostra “autonomia regionale”.

Ciò non toglie però che se è sportivamente onesto, quando serve, affermare che “la Juve è la migliore ma oggi non ha meritato”, a maggior ragione è corretto affermare che la Lombardia continua ad essere la migliore anche se oggi , forse, non ha giocato alla sua altezza. In una situazione come l’attuale la “lesa maestà” è un arrogante insulto alle tante vittime del virus e ai tanti benemeriti operatori sanitari; come è un arrogante insulto quello di inquinare, facendone una squallida questione di schieramenti politici, una emergenza così grave da meritare , per una volta, che tante Regioni si sentano un Paese.

L’argomento è così delicato che noi non vorremmo essere confusi in quella massa di tuttologi alla quale abbiamo accennato, ma qualche riflessione ce la siamo concessa e poi ci siamo fermati, perché riteniamo che oggi la priorità è uscire dal tunnel . Arriverà il momento, non certo della caccia alle streghe ma nemmeno del “volemose bene”, del “rifarei le stesse cose”o delle posizioni precostituite da derby calcistico, ma quello del buonsenso nel quale , visto il grande impegno che a nostro avviso tutti ci hanno messo, gli errori potranno essere perdonati ma non dovranno essere ignorati.

E il punto al quale noi ci siamo fermati nei nostri ragionamenti dice che, semplificando, la riforma sanitaria lombarda si basava su un forte sviluppo ospedaliero di tipo qualitativo e non quantitativo (le famose “eccellenze”), al quale doveva affiancarsi un pari rafforzamento del presidio sanitario sul territorio. Il primo è probabilmente progredito, non il secondo; da qui il momento drammatico dei nostri ospedali sui quali si è rovesciata la valanga dei contagi che il territorio non ha saputo gestire.

Una ipotesi questa che fa immediatamente sorgere una domanda: non è che la crisi dei Pronto Soccorso, che da qualche anno affliggeva tutti i nostri ospedali e sulla quale più e più volte si sono alzati allarmi e lamentele fosse un segnale, che non si è saputo interpretare, di una riforma che non progrediva armonicamente, creando nel nostro sistema sanitario una falla nella quale il Covid19 si è golosamente fiondato?

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