Missili e vaccini, nuovo fronte Usa-Cina

OBIETTIVO DI WASHINGTON: ESTENDERE L'EGEMONIA AMERICANA IN ASIA. E LA CINA PREPARA LA CONTROFFENSIVA

di Carlo Pedroli e Emma Brumana

In data 4 marzo, in occasione del discorso presidenziale al Dipartimento di Stato, il neoeletto presidente degli Stati Uniti Joe Biden lancia un messaggio al mondo e lo fa con uno slogan altisonante. “L’America è tornata, la diplomazia è tornata”. Il discorso del capo della Casa Bianca, confermando i pronostici degli opinionisti, segna una virata importante, rispetto alla amministrazione Trump, in materia di politica estera. I “competitors” sullo scacchiere della politica internazionale restano gli stessi, Russia e Cina, ma la strategia con cui l’America vuole tornare ad essere protagonista si rinnova e si adatta ai nuovi scenari. Molti gli argomenti toccati durante la conferenza, dagli interventi militari a quelli sanitari, dalle alleanze agli scontri.  Uno dei punti cruciali è quello della sospensione immediata del sostegno militare saudita in Yemen. Dopo che l’amministrazione Trump aveva inserito i ribelli Houti nella lista delle organizzazioni terroristiche, il presidente ha ora imposto il blocco alla vendita di armi e missili di precisione sia a Riad che ad Abu Dabhi.

Le parole che più fanno eco, però, sono quelle riguardanti la diplomazia di Washington nei confronti del governo di Pechino. Perché, pur non risparmiando pesanti accuse verso Mosca e Putin, il presidente americano ha riservato parecchia attenzione al confronto con il colosso economico asiatico. Biden si è dichiarato deciso a contrastare “gli abusi economici della Cina e il suo corso di azioni aggressive contro i diritti umani”. Tuttavia, allo stesso tempo. Il presidente si dice pronto a “lavorare con Pechino, se sarà nell’interesse americano”. È chiaro come l’azione del presidente si concentri nel confronto polarizzato con la Cina. Dai missili ai vaccini, il rush geopolitico tra blocchi si fa sempre più definito, ogni mossa calibrata, ogni accordo atto a ridefinire lo scacchiere.

La gara si gioca soprattutto sul piano sanitario, campo in cui la Cina, ad oggi, primeggia. Il vaccino di produzione cinese, il Sinovac infatti, è quello più diffuso nei paesi in via di sviluppo. Quello russo, lo Sputnik, è stato adottato per uso emergenziale in 40 paesi e potrebbe essere approvato, nei prossimi giorni, anche dall’Ema, l’agenzia europea del farmaco. L’America, invece, ha vissuto una crisi sanitaria interna troppo grave e ha perso campo rispetto alle sopra citate potenze. Per questo ora, il presidente dem è intenzionato a lanciare la propria controffensiva vaccinale. La diplomazia del vaccino statunitense, quindi, è la strategia approntata da Biden per contrastare l’influenza cinese. Per farlo, però, servono nuovi alleati, nuovi accordi e nuove regole.

La risposta di Washington alla diplomazia dei vaccini cinese

Lo scorso 12 marzo si sono incontrati, virtualmente, il presidente americano Joe Biden, il premier giapponese Suga Yoshihide, quello indiano Narendra Mori e quello australiano Scott Morrison. Il summit del Quad – il Quadrilateral Security Dialogue – si è concluso con un’iniziativa ambiziosa, tesa a contrastare l’influenza cinese nella regione asiatica. Infatti, i quattro leader hanno annunciato che, entro il 2022, saranno distribuite nei paesi del sud-est asiatico un miliardo di dosi di vaccini Johnson&Johnson. Stando alle prime dichiarazioni, Stati Uniti e Giappone finanzieranno la produzione di vaccini in India, mentre l’Australia contribuirà alla distribuzione. Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, afferma: “Oggi è un gran giorno per la diplomazia americana. Questo vertice è una grande vittoria per il presidente e per il paese”. Il progetto si colloca nella più ampia politica di contenimento del soft power cinese, che ha indubbiamente subito un processo di accelerazione durante la pandemia di covid. Pechino, infatti, ha battuto sul tempo i concorrenti, procurando al continente africano ingenti carichi di vaccino Sinovac. Inoltre, Xi Jinping ha manifestato l’intenzione di donare il farmaco a 53 nazioni e di esportarlo in altre 27, coprendo il 40% della domanda mondiale. Gli equilibri geopolitici mondiali si intrecciano indissolubilmente alla cosiddetta diplomazia del vaccino e, quindi, alla capacità delle superpotenze di offrire aiuti sanitari rapidi. Obiettivo degli Stati Uniti, dunque, è di competere contro la Repubblica popolare cinese. Proprio per questo, Washington sembra più interessata all’Asia rispetto all’Europa.

La reazione di Pechino al primo summit Quad è stata glaciale. I quattro leader sono stati accusati di aver creato un blocco anti-cinese. Dura la posizione del ministro degli Esteri cinese, Wang Yi che conferma la sua teoria, affermando che gli USA stiano creando una nuova NATO nella zona indo-pacifica. È certo che grazie alla partnership sui vaccini, i legami diplomatici tra i quattro paesi membri del Quad si stanno rafforzando. Non a caso, il primo leader straniero a visitare Biden alla Casa Bianca sarà Suga Yoshihide, primo ministro giapponese.

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