Varese, Binda «Non ha ucciso Lidia Macchi». Fine dell’incubo giudiziario

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VARESEStefano Binda non ha ucciso Lidia Macchi: la vicenda giudiziaria iniziata nel 2016 con il suo arresto a quasi 30 anni dal delitto si chiude definitivamente. Lo ha stabilito oggi, mercoledì 27 gennaio, la Corte di Cassazione respingendo il ricorso della procura generale di Milano e confermando la sentenza di assoluzione in secondo grado davanti ai giudici della Corte d’Appello di Milano.

Anche il Pg ha chiesto l’assoluzione

Binda, assistito dagli avvocati Patrizia Esposito e Sergio Martelli, si è sempre dichiarato innocente. Dopo l’arresto ha scontato quasi tre anni di custodia cautelare in carcere. In primo grado la Corte d’Assise presieduta dal giudice del Tribunale di Varese Orazio Muscato (Cristina Marzagalli a latere) lo aveva condannato all’ergastolo. La Corte d’Appello di Milano lo aveva assolto; nelle motivazioni della sentenza il giudice estensore aveva sottolineato come non esistevano nemmeno degli indizi a sostegno della colpevolezza di Binda nell’efferato omicidio consumatosi nel gennaio del 1987. Lo stesso Pg della Cassazione oggi ha chiesto la conferma della sentenza di assoluzione in secondo grado. La vicenda è chiusa.

Il dolore della famiglia Macchi

In relazione all’udienza di oggi in Corte di Cassazione, i famigliari di Lidia Macchi, Paola, Stefania e Alberto, hanno preparato un comunicato che pubblichiamo integralmente:

Dopo aver attentamente letto le sentenze precedenti e aver appena appreso il risultato della Cassazione vogliamo chiarire alcuni punti. Crediamo che durante il corso delle indagini e soprattutto dei processi non siano emerse prove a sufficienza per ritenere che Stefano Binda sia stato l’assassinio di Lidia e pertanto comprendiamo la sua completa assoluzione. In noi rimarrà per sempre la ferita di non aver trovato il colpevole della morte di Lidia, anche alla luce della dolorosa scoperta della distruzione e sparizione di alcuni reperti che con le tecniche moderne avrebbero potuto portare un apporto decisivo in questo percorso giudiziario. Come famiglia ci teniamo a ringraziare tutti quelli che in questi anni hanno collaborato alla ricerca della verità e della giustizia in tutti i vari ambiti ed in particolar modo il nostro avvocato Daniele Pizzi. Questo percorso giudiziario ha fatto emergere in noi la consapevolezza che la Giustizia è un cammino molto doloroso, che in questi anni ci ha fatto scoprire, conoscere ed apprezzare molte persone e che soprattutto ci ha fatto capire come scriveva la nostra cara amata Lidia che: _“nulla, nemmeno il dolore più atroce è privo di senso…è così semplice rispondere eccomi, anche nella notte più fonda, eccomi, sono Tua (Signore) prima di tutto, eccomi, nulla più mi fa paura.

Varese, omicidio Macchi in Cassazione. Anche il Pg chiede l’assoluzione per Binda

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