VISTO&RIVISTO La Dea Fortuna come antidoto all’oblio

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di Andrea Minchella

VISTO

LA DEA FORTUNA, di Ferzan Ozpetek (Italia 2019, min.).

Occhi aperti, occhi chiusi. E poi, giovane e vecchio, sano e malato, memoria e amnesia, piangere e ridere. Questo film di Ozpetek è un vortice di opposti che si miscelano tra loro dando vita ad un ritmo di emozioni che sconquassa letteralmente lo spettatore. Una vicenda, quella raccontata dal regista italo turco, che racchiude tutte le fasi della vita. Racchiude in sé l’amore, la gelosia, la perdita e la paura dell’abbandono. E ancora, la memoria e l’amnesia come presidii insostituibili dell’essere umano in relazione con lo scorrere inesorabile del tempo.

“La Dea Fortuna” ci parla di noi, e dunque le emozioni dei protagonisti le sentiamo come fossero le nostre. La storia di Arturo, un bravo Stefano Accorsi, e di Alessandro, un capace Edoardo Leo, è la storia di ognuno di noi. I due protagonisti stanno naufragando nel mare dell’abbandono, ma cercano con ogni sforzo di rimandare il più possibile uno degli eventi più traumatici che l’uomo possa vivere. E con la scusa di salvare i due piccoli bambini, figli della loro amica di una vita, dalla terribile e malefica nobile nonna, cercano in ogni modo di salvare la loro relazione, fatta di ricordi, suoni ed immagini che sono scavati sulla loro pelle.

Ozpetek, dopo un periodo esplorativo non sempre all’altezza della sua bravura, ritorna con un equilibrato ed intenso viaggio nell’anima dell’uomo. Scritto in maniera pacata e dirompente allo stesso tempo, il progetto come sempre si arricchisce di una serie di caratteri ben definiti che rendono la vicenda unica ed evocativa. Il gusto per il bello e la cura nei dettagli trasformano questa pellicola in un viaggio di prima classe all’interno dell’animo umano e delle mille sfaccettature che ne fanno parte.

Ben montato e con una colonna sonora come al solito centrata e misurata, il racconto di Ozpetek scorre per quasi due ore appassionando ed emozionando lo spettatore che soffre, ride, piange e sogna in un rapporto quasi simbiotico che si crea con tutti i personaggi che il regista riesce, uno ad uno, a descrivere con precisa e puntuale capacità narrativa.

Fortemente iconografica la funzione dell’acqua in questa pellicola: la pioggia durante una cena difficile che annacqua le tensioni e bagna i protagonisti durante un ballo riparatore; l’acqua del mare, fresca e limpida, in cui i Arturo, Alessandro e i due bambini si gettano per una sorta di bagno purificatore, in cui cercano di imprimere nei loro cuori le immagini delle persone che amano di più. Come ci viene spiegato dal mito della Dea Fortuna, dobbiamo fissare la persona che amiamo e, ad un certo punto, chiudere di colpo gli occhi: l’immagine di quella persona scenderà fino al nostro cuore e resterà per sempre impressa dento noi.

Ecco il senso dell’intera vicenda. La volontà smisurata e quasi asfissiante, di ogni essere umano, di fissare per sempre nella memoria l’immagine di chi rende l’esperienza della vita meno difficile e traumatica di come, altrimenti, sarebbe.

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RIVISTO

MINE VAGANTI, di Ferzan Ozpetek (italia 2010, 110 min.).

Il più bello “spot” che la Puglia abbia mai avuto. Dopo quell’anno le vacanze in Salento sono aumentate a dismisura. Ozpetek racconta una bellissima storia familiare mettendo sullo sfondo uno dei territori più belli del mondo. La vicenda è incentrata sulla famiglia Cantone, borghese, salentina e proprietaria di uno storico pastificio. Tommaso e Antonio, i due fratelli Cantone, dovranno trovare, l’uno all’insaputa dell’altro, il momento giusto per dichiarare con chiarezza il loro orientamento sessuale. Colpi di scena, sorprese e litigi saranno gli ingredienti per questa riuscita e ben confezionata commedia, che Ozpetek ha scritto insieme al bravissimo Ivan Cotroneo.

Come nei migliori lavori di Ozpetek, anche in questo bel film del 2010 il regista “romano di Istanbul” ci regala una serie di personaggi secondari, profondi e dettagliati, che forniscono alla vicenda un valore prezioso e necessario per la narrazione di una bella ma complessa “epica” familiare.

​Da rivedere per sognare e riflettere, assistendo ad una narrazione universale, ambientata in luoghi tra i più belli ed invidiati di tutto il mondo.

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