VISTO&RIVISTO L’uomo che inventò la luce. E il cinema

minchella edison lampadina luce

di Andrea Minchella

VISTO

EDISON – L’uomo che illuminò il mondo, di Alfonso Gomez-Rejon (The Current War, Stati Uniti 2017, 107 min.).

E luce fu. Benedict Cumberbatch ci regala un’altra avvolgente interpretazione. Il regista, al suo terzo cortometraggio, ci racconta una storia interessante, che pochi conoscono, confezionando un equilibrato e piacevole lungometraggio, che svela l’imponente guerra che scaturì per illuminare gli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento. Con l’invenzione della lampadina, infatti, Edison fece fare un balzo in avanti alla tecnologia: ora, però, bisognava mettere a punto la migliore tecnologia per poter illuminare tutte le città, da New York a Los Angeles, dell’America che stava per conoscere la più grande rivoluzione industriale che il Nuovo Mondo avesse incontrato. E così da una parte troviamo il visionario Thomas Edison e i suoi brevetti, e dall’altra il colosso Westinghouse. Quest’ultimo, con il perfezionamento dell’uso della corrente alternata, poteva garantire minori costi e distanze maggiori. E così tra i due comincia una vera battaglia atta a screditare l’avversario, in favore delle proprie teorie. Sullo sfondo di questo conflitto, un’America carica di lavoro e pronta per una strutturale trasformazione: con l’illuminazione diffusa si sarebbero accorciate le distanze, e si sarebbero allungate le giornate, in favore di una produttività industriale che avrebbe reso l’America la più grande potenza economica del mondo.

Il film, seppur ben costruito e con un ritmo giusto ed equilibrato, non si sofferma troppo sull’aspetto del cambiamento epocale che una società intera stava vivendo, ma decide di fare luce sulla continua lotta psicologica tra Edison e il suo avversario, riducendo, in maniera didascalica, un conflitto che invece rappresenta due visioni opposte di sviluppo e di crescita. Oltre alla bravura sconfinata di Cumberbatch che da un volto interessante ed attuale all’inventore, il regista non è voluto scendere troppo in profondità di una psicologia sicuramente molto più complessa e intricata che certamente un gigante come Edison celava dietro i suoi numerosi brevetti.

Dopo che la corrente illuminò tutti gli Stati Uniti, grazie al contributo di tutti e due gli inventori e al prezioso apporto del giovane Tesla, Edison continuò ad inventare: fu suo il primo fonografo, e fu lui il primo ad inventare una macchina che imprimesse immagini su una sorta di pellicola: l’antenato del cinema.

Il film ha una giusta funzione divulgativa e svolge questa funzione con una qualità narrativa più che soddisfacente. Ma rischiare un po’ di più nel raccontare un uomo complesso ed enigmatico come fu certamente Edison, dovrebbe essere la principale prerogativa di un regista che decidesse di avventurarsi nella realizzazione di un film di questo genere.

RIVISTO

THE IMITATION GAME, di Morten Tydlum (Stati Uniti 2014, 113 min.).

Ingiustamente non premiato dall’Academy, Benedict Cumberbatch in questa pellicola, che non brilla in maniera particolare, ci regala forse la sua più intensa e sofferta interpretazione. Il film, comunque equilibrato e lineare, ci racconta di Turing, un matematico inglese che, sotto il governo britannico di Churchill, creò un team con la missione di tentare di decifrare i messaggi criptati che i nazisti ogni giorno diffondevano per dare comunicazione, soprattutto, di nuovi obbiettivi da colpire in Europa. La pellicola ci descrive la difficoltà di Turing, genio e riservato, di relazionarsi ad un mondo crudele e superficiale. Turing inventò una macchina, l’antenato del computer, che riusciva a decifrare i bollettini nazisti: grazie a questa capacità di anticipare le mosse del nemico, la guerra si svuotò del principale antagonista, terminando così nel 1945. Si pensa che grazie a questa invenzione, la guerra potè finire circa due anni prima rispetto alle residue capacità belliche dei tedeschi, facendo così risparmiare circa quattordici milioni di vite umane.

Ma dopo il conflitto, Turing visse la più dura ed odiosa fase della sua vita: il regista riesce in maniera molto efficace a descriverci l’enorme ingiustizia civile che il matematico dovrà affrontare e che non riuscirà a superare: un evento tragico che lascia lo spettatore incredulo e distaccato. Una nazione che ha posto fine al più violento dei conflitti che essere umano abbia mai conosciuto, abbandona e giudica l’uomo che ha reso possibile la fine della guerra.

Un film questo da rivedere, per gustare un’interpretazione magistrale, e per ricordarci di come la contraddizione, spesso, sia alla base di ogni vicenda umana.

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