VISTO&RIVISTO Quando “tornare” significa scavare nella memoria

minchella comencini visto rivisto

di Andrea Minchella

VISTO

TORNARE, di Cristina Comencini (Italia 2019, 107 min.).

Come se Cristina Comencini avesse il presagio del difficile contesto sociale in cui sarebbe stato distribuito questo suo ultimo film. E di conseguenza ne avesse curato e rielaborato il colore, i suoni, le inquadrature e la sceneggiatura, scarna e quasi sussurrata. In questo intenso lavoro della regista romana sembra si possa percepire tutto il disagio e la paura che caratterizzano questo particolare momento storico, in cui il mondo intero si sta misurando con una delle tragedie più sconvolgenti e imprevedibili della storia. Dunque anche la distribuzione del film, sulle piattaforme come quella di Sky che ci permette di vedere i film che in sala non riescono per ora ad uscire, pare diventare parte integrante della pellicola, piena di sofferenza e ricordi dolorosi.

La vicenda si svolge in una Napoli muta e anonima, in cui fa ritorno la bella Alice, interpretata dalla superba Giovanna Mezzogiorno già presente in un’opera della Comencini, per la morte del padre, un alto ufficiale della Marina nella vicina base della Nato. Alice, che fa ritorno nella enorme casa in cui ha trascorso la sua adolescenza, verrà subito inondata da ricordi e pensieri che arrivano dritti da quei suoi anni di spensierata giovinezza. Con la scusa di gestire la vendita della proprietà di famiglia, Alice, aiutata da una sua vecchia conoscenza, l’enigmatico Marc, cercherà di fare luce su alcuni momenti, che si riveleranno fondamentali, della sua giovane esistenza.

Questo viaggio, in una Napoli dimenticata e ormai lontana dalla sua vita, diventerà l’occasione per intraprendere una discesa profonda e dolorosa dentro la sua vita, dentro i suoi ricordi offuscati e volontariamente dimenticati. Ecco che emerge tutta la bravura di una regista, figlia dell’immenso Luigi, che decide di scrutare, con gentilezza e riguardo, l’anima, turbata e fragile, di una donna che sembra aver costruito la sua vita sul dolore e sull’amnesia. La sempre più irrequieta Alice cercherà notizie e racconti di quella sua esperienza di vita che, ricorda, troncata di netto per un suo trasferimento, da parte del padre, in un’altra città, pochi mesi prima degli esami di maturità. La ricerca, ossessiva e quasi onirica, inizierà a far riemergere i fatti che hanno portato ad un così rapido e violento mutamento nella sua vita.

La narrazione si snoda tra sequenze in cui Alice è l’unica protagonista; c’è un fascio di luce che, ogni volta, illumina un particolare che subito risalta in un’inquadratura buia e oscura. La memoria è dunque paragonata a quel fascio di luce che accende ciò che per anni è rimasto nascosto nel buio della nostra anima. Il silenzio è rotto dalla voce avvolgente e familiare di Alice che sembra gridare aiuto. I ricordi della sua giovinezza si intrecciano con le paure e le angosce della protagonista. Il suo rapporto con una madre bellissima ma distante e con un padre amato ma perennemente in mare la rende un’inascoltata e disillusa ragazza che subisce un trauma ma che non viene né protetta né compresa. Emanciparsi da quella famiglia e da quei luoghi sarà una necessaria e dolorosa tappa per superare quel trauma che nessuno è riuscito ad evitare ma nemmeno a “curare”.

La bravura assoluta ed unica di Giovanna Mezzogiorno rende questo racconto, intenso e profondo, un’esperienza terapeutica e preziosa per riflettere sulle scelte che ognuno di noi compie in relazione ai nostri ricordi, a ciò che siamo stati e alle scelte, spesso incomprensibili, della nostra famiglia.

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RIVISTO

LA BESTIA NEL CUORE, di Cristina Comencini (Italia 2005, 116 min.).

Nel 2005 Cristina Comencini, con questo difficile progetto, decide di sussurrare una delle tragedie più profonde che essere umano possa subire. Un tema difficile da trattare, che la regista romana

Grazie anche ad attori molto capaci e centrati, come Luigi Lo Cascio, Alessio Boni, Angela Finocchiaro e Francesca Inaudi, la vicenda tratta prima in un libro e poi nel film che probabilmente rimane, ad oggi, il suo lungometraggio più riuscito.

Anche qui troviamo una splendida e bravissima Giovanna Mezzogiorno, Sabina, che fatica a ricordare alcuni momenti della sua infanzia. Quando andrà a trovare il fratello negli Stati Uniti, dove insegna letteratura Italiana all’università, verrà a conoscenza di fatti gravi e strazianti che lei, terapeuticamente, aveva rimosso dai suoi ricordi. Questa cancellazione dell’amnesia, che per anni l’aveva protetta, diventa, insieme alla scoperta della sua gravidanza, una tappa fondamentale per una giusta e necessaria pace con il passato. Il dolore e il rimpianto che scaturiscono dalle nuove verità daranno Sabina gli strumenti per rielaborare e guardare con una nuova prospettiva le vicende della sua famiglia.

Grazie anche ad attori molto capaci e centrati, come Luigi Lo Cascio, Alessio Boni, Angela Finocchiaro e Francesca Inaudi, il racconto diventa un’importante e obbligato passaggio dentro quella cinematografia italiana che negli ultimi anni è stata capace di raccontare in maniera essenziale e diretta i lati oscuri e le colpe nascoste della società contemporanea, sempre più complessa e piena di infinite sfaccettature.

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