VISTO&RIVISTO Un doveroso e autentico tributo al cinema

minchella visto rivisto tarantino

di Andrea Minchella

VISTO

C’ERA UNA VOLTA A…HOLLYWOOD, di Quentin Tarantino (Once Upon a Time in…Hollywood, Stati
Uniti-Regno Unito 2019, 161 min.)

Un doveroso ed atteso tributo al cinema di uno dei più folli e rivoluzionari autori degli ultimi trent’anni.
Tarantino finalmente decide di erigere un monumento in onore di quel cinema “di serie b” degli anni sessanta che ha influito in maniera fobica e asfissiante tutta la sua filmografia. Il racconto, inizialmente
pensato da Tarantino come un romanzo, prende spunto dalla tragica vicenda della carneficina che avvenne nel 1969 nella casa hollywoodiana di Roman Polanski a firma dei seguaci di Manson.
I due protagonisti, un magistrale Leonardo Di Caprio ed un convinto Brad Pitt, sono rispettivamente la stella del cinema, ormai in declino, Rick Dalton e la sua controfigura, ma anche autista e collaboratore, Cliff Booth. I due si muovono in una Hollywood minuziosamente ricostruita dalla brava scenografa Barbara Ling, che ha cercato il più possibile di accontentare Tarantino nella richiesta di minor uso possibile della computer grafica: e così lo sfondo di questa storia diventa la vera e reale Hollywood che stava per cedere il passo ad una nuova Hollywood, più moderna e frenetica, e meno barocca.
La vera protagonista di questo nono film di Tarantino è l’imminente fine di un’era cinematografica che aveva, sin dagli anni quaranta, reso Hollywood il vero centro mondiale delle arti visive. Stava nascendo una nuova generazione di registi ed autori, figli anche di un’America meno entusiasta e più riflessiva, anche per via del conflitto in Vietnam. Le grandi star dei “kolossal” che negli anni cinquanta avevano monopolizzato l’intrattenimento mondiale, stavano vivendo una lenta e inesorabile discesa. E Rick Dalton ben rispecchia, con il suo bipolarismo piangente, questa traumatica metamorfosi del cinema.
Dalton e Booth potrebbero anche incarnare l’ego e l’alter ego di Tarantino: nel regista americano, infatti,
sembra albergare da sempre un interessante e schizofrenico dualismo di differenti visioni della realtà che solo il cinema può rappresentare in maniera chiara e lineare. La ragione e l’istinto sono gli ingredienti, sapientemente miscelati, che danno vita alla maggior parte delle storie di Tarantino. In questo caso, differentemente dalle altre otto pellicole, assistiamo ad una specie di seduta psicoanalitica collettiva: Quentin Tarantino si racconta e racconta in maniera cristallina ciò che lo ha plasmato e ciò per cui, probabilmente, darebbe la vita: il cinema.
Il film è pieno di citazioni, auto citazioni, rimandi e religiosi ammiccamenti ad un cinema che non esiste più, ma che continua oggi ad essere ispirazione per moltissimi autori. Bruce Lee, Sergio Corbucci, Sergio Leone, Steve Mc Queen, la radio continuamente accesa, i “bistrot” e i “dinner” in cui le produzioni
cinematografiche vedevano la luce, i “drive in” e il villaggio abbandonato in cui Manson e i suoi seguaci
sognavano un mondo diverso, sono alcuni dei riferimenti che Tarantino sottolinea per articolare il suo
racconto.
Forse la sceneggiatura non è all’altezza della produzione. Tarantino ci ha sempre abituati ad uno “script”
perfetto, equilibrato e profondamente realistico. Alcuni dialoghi, in questa pellicola, risultano, invece,
appiattiti e poco incisivi, come invece di solito avveniva nei film di Tarantino. Sembra che il regista abbia
dato maggiore spazio alla forza evocativa delle immagini piuttosto che alla potenza delle parole. Come ogni film di Tarantino, comunque, anche questo “C’ Era Una Volta Ad…Hollywood” è una creatura
viva, che va rivisto per cogliere ogni volta uno spunto o un dettaglio che magari ad una prima visione
sfuggono o sono ancora celati dentro una pellicola frenetica e potentemente evocativa.
***
RIVISTO
LE IENE, di Quentin Tarantino (Reservoir Dogs, Stati Uniti 1992, 99 min.).
Nel 1992 la rivoluzione avvenne. Dopo gli anni ottanta, in cui non ci furono profondi mutamenti
nell’industria cinematografica, nei primi novanta un piccolo film di un giovane regista “nerd” arrivò nelle
sale e sconvolse il pubblico di mezzo mondo. Quello che sembrava un incomprensibile e violento film di
rapine, divenne ben presto un vero manifesto del più grande e geniale regista degli ultimi trent’anni.
Il film, magistralmente scritto, viene costruito addosso a personaggi che vengono scolpiti nelle pagine della sorprendente sceneggiatura. Il montaggio del film, poi, catapulta lo spettatore nella storia, facendolo sentire come uno dei protagonisti della intricata vicenda. La narrazione “al contrario” rende l’intero progetto claustrofobico e adrenalinico. Gli attori, quasi tutti giovani ma preparatissimi, apportano un valore aggiunto alla pellicola, rendendo questa prima opera un vero “cult” che ancora oggi risulta fresco ed innovativo.
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