VISTO&RIVISTO Una scontata e noiosa operazione commerciale

minchella bad boys cinema

di Andrea Minchella

VISTO

BAD BOYS FOR LIFE, di Adil El Arbi e Bilall Fallah (Stati Uniti 2020, 124 min.).

Poco “Bad” e molto poco “Boys”. Questa operazione commerciale ha in sé due enormi criticità: la decontestualizzazione storica e il passare del tempo come aspetto marginale.

Quando nel 1995 arrivò sugli schermi il primo “Bad Boys” il mondo era totalmente diverso. Non era ancora avvenuta la tragedia dell’11Settembre, la globalizzazione stava muovendo i primi passi e la cultura dei “Social” non aveva ancora strumenti per emergere e connotarsi (Mark Zuckerberg aveva solo 11 anni.). La formula dei due poliziotti, interpretati dall’” imperatore” dell’epoca Will Smith e dal bravo e dissacrante Martin Lawrence, che arrivava dritta dai polizieschi degli anni ottanta, fu intelligentemente rielaborata e resa originale da una storia e da una sceneggiatura fresca e leggera, in relazione con l’epoca in cui furono scritte. La durezza e la spietatezza dei due protagonisti ben si adattava alla città di Miami, crocevia di trafficanti e criminali di tutto il mondo, e all’idea che in quegli anni si aveva di quella polizia che operava in zone calde e pericolose. Oggi, anche dopo il susseguirsi di omicidi avvenuti da parte di una polizia spesso affrettata e spaventata, quei comportamenti duri e sopra le righe risultano troppo caricaturali e, a tratti, fuori luogo. Ridere di un individuo, seppur cattivo, che è stato appena crivellato di proiettili o che si è rovinosamente schiantato contro un’auto cisterna, stride e colpisce di più, soprattutto se a farlo sono due poliziotti, pur colorati nel linguaggio e nel vestire. La violenza privata o la vendetta privata, da parte di un poliziotto, non fa più ridere o divertire come accadeva più di vent’anni fa. La comunicazione cinematografica, in questo senso, ha fatto passi da gigante. I valori che vogliamo ritrovare in un racconto, seppur leggero e divertente, devono essere chiari e in sintonia con una generale presa di coscienza sulla violenza e sui soprusi, anche grazie ad una interconnessione sempre più capillare e diffusa.

L’altra grande criticità, anche se meno grave, è la totale assenza di chiari riferimenti al fatto che quei due sgangherati poliziotti del primo capitolo oggi hanno quasi sessant’anni. Anche se si racconta dell’imminente pensione dei due, soprattutto su Will Smith si compie un’”operazione ringiovanimento” che regala allo spettatore un appesantito e rallentato “bad boy” che picchia e seduce come avesse vent’anni. Queste bugie cinematografiche, nel 2020, non riescono più ad affascinare lo spettatore.

A peggiorare l’intero progetto, oltre ad una sceneggiatura piatta e banale, ci si mette “la magia nera”, le streghe e una paternità svelata che fa letteralmente sbiadire le contorte trame delle “soap opere” sud-americane più gettonate e più seguite.

Il cinema è distrazione e leggerezza, ma ha anche il dovere di raccontare sempre qualcosa di nuovo, cercando il più possibile di rimanere legato al momento storico in cui si inserisce. Un film può essere profondo o superficiale, ma deve sempre rispettare l’intelligenza e la curiosità di un pubblico sempre più attivo e sempre più consapevole della difficoltà dell’epoca in cui vive quotidianamente. Se vengono a mancare questi presupposti, il rischio di confezionare un brutto lavoro, al di là della storia che si vuole raccontare, è molto alto. Purtroppo questa pellicola non va oltre una fredda e piatta operazione commerciale.

***

RIVISTO

48 ORE, di Walter Hill (48 Hrs, Stati Uniti 1982, 96 min.).

Un vero cult. Il maestro Walter Hill crea un’opera unica miscelando tutta una serie di opposti che rendono “48 Ore” un film icona, un riferimento continuo per i registi che sarebbero nati dopo il 1980. Hill scrive il soggetto e la sceneggiatura di una storia di amicizia, di un’amicizia che può unire anche le due persone più distanti che esistano. Jack, un magnetico Nick Nolte, e Reggie, Eddie Murphy nel suo personaggio più riuscito insieme all’Axel Foley di “Beverly Hills Cop”, sono, infatti, rispettivamente un poliziotto bianco, sgangherato ma incorruttibile di San Francisco, e un galeotto di colore, raffinato e sfrontato, che fa parte di una banda i cui componenti sono evasi dal carcere. Lo scontroso Nolte riuscirà a far uscire di prigione l’irriverente Murphy per un permesso di 48 ore, nelle quali dovrà aiutarlo a ritrovare i fuggitivi. Il fulcro del film sta proprio nella convivenza in cui i due protagonisti, apparentemente opposti, riescono a trovare i punti in comune fondamentali per instaurare un rapporto lungo e duraturo, ovvero una vera e propria amicizia.

Le tinte scure del racconto “giallo” e del ritmo “poliziesco” si mischiano con innumerevoli richiami alla narrazione “western” di cui Hill è un valido e riconosciuto autore.

La colonna sonora, infine, viene direttamente pescata dallo sconfinato universo della musica “country”, una vera religione in terra americana, che rende la pellicola un originale, cinico e perfetto racconto americano degli anni ottanta.

minchella bad boys cinema – MALPENSA24