A Varese la Lega ha paura del congresso: il nome del segretario è un rompicapo

VARESE – Congresso vade retro. Nella sezione della Lega al Garibaldino non è ancora tempo di eleggere il nuovo segretario. Lo faranno nei prossimi giorni i leghisti di Gallarate (9 maggio), quelli di Busto (12 maggio). Non i varesini. Perché?

Pacificatore cercasi

Ufficialmente per via di una serie di impegni politici già programmati da portare a termine. «Innanzi tutto i referendum sulla giustizia, che riteniamo importantissimi e che ci vedranno impegnati in una campagna informativa importante anche in città – dice il commissario Marco Bordonaro – e poi il convegno sull’autonomia di fine maggio. Dopo di che, assolti questi due appuntamenti, andremo a congresso. Non c’è fretta. Non ho ancora una data, ma prima dell’estate sicuramente».

La realtà è un’altra. Ma per sentirsela raccontare bisogna spegnere luci, microfoni, chiudere il sipario e ascoltare le anime dei padani varesini. Anche quelle delle donne leghiste, emarginate, e da tempo in silenzioso dissenso. “Nessuno ha idea di chi potrebbe prendere in mano il partito a Varese. Non c’è un nome in grado di unire, ma tanti possibili candidati (Stefano Angei, Marco Tavazzi, lo stesso Bordonaro, tanto per citare i più gettonati del momento), che però potrebbero spaccare il fragile equilibrio”. Insomma, in due parole: la sezione non è pronta.

Tutti lo vogliono, nessuno lo chiede

Sono in tanti a sperare nella convocazione del congresso. Ma in pochi a spingere in maniera decisa affinché venga convocato nel giro di pochi di giorni. Il timore è che l’appuntamento, da momento di confronto, si trasformi in resa dei conti. Insomma, c’è chi ha paura di veder “sbiellare” il motore di un partito che in città ha perso grip e sta cercando una nuova messa a punto. Del resto la sezione è ancora ferita e smarrita per il dopo elezioni. Una sezione che soffre la mancanza di una road map politica chiara, netta, inequivocabile. Tanto che all’ombra dei portici di piazza del Podestà o sotto l’Arco Mera, c’è chi confida di rimpiangere i tempi di Bossi (inguaribili nostalgici fino al midollo), ma anche quelli di Bobo Maroni, che in sezione non ha mai fatto furore, ma è sempre stato rispettato: «Almeno sapevamo dove si stava andando. Oggi invece, vai a dormire con una Lega che si oppone al green pass e ti alzi con la Lega che lo difende. Qui non si capisce più nulla».

Maneggiare con cura

E senza una linea chiara a livello nazionale, è normale che anche le sfumature interne al cittadino assumano colori più netti. E così il commissariamento di gruppo imbastito per non scontentare le diverse fazioni e traghettare il partito al congresso, giorno dopo giorno, si sta rivelando un papocchio. «Sulla carta tutti potrebbero dire la loro, ma nella realtà nessuno comanda». Insomma la Lega varesina assomiglia davvero a una confezione di cristalli di Boemia con su scritto “maneggiare con cura“.

E che si debba usare grande precauzione lo sa bene il commissario provinciale Stefano Gualandris, che a queste latitudine non è certo amatissimo per la gestione elettorale del candidato sindaco. Tanto che il “Gualo” ufficialmente osserva e non favella. «Ha tirato a lungo fino all’impossibile su Maroni e poi ha candidato Bianchi lasciandolo di fatto da solo», gli rinfacciano i varesini. Che aggiungono: «E ora sta a guardare sperando di portare a casa un segretario a lui vicino». Che questa lettura sia quella vera è tutto da verificare. Di certo è un ulteriore segnale di malumore.

L’arcipelago leghista in movimento

Amplificato dal fatto che gli “Insubri” ci sono, ma non si fanno sentire (e nemmno vedere); che i maroniani si muovono (“anche troppo”) con Stefano Angei e appaiono di più di quelli che in realtà sono; che i salviniani lasciano fare per capire se possono assestare il colpo di coda e che tutti gli altri, e gli “equidistanti”, forse la corrente maggioritaria, non hanno una voce (o idee) autorevole che li sappia riunire e per farsi ascoltare. Situazione pessima per una sezione che deve andare a congresso. Anche se qualcuno sostiene che: quando in politica c’è grande confusione, la situazione è propizia.