Accordo Italia-Svizzera, Lavena Ponte Tresa protagonista all’audizione in Senato

Il sindaco di Lavena Ponte Tresa Massimo Mastromarino durante l'audizione in Senato

LAVENA PONTE TRESA – Prosegue in Senato a Roma l’iter per la ratifica dell’accordo internazionale tra Italia e Svizzera per l’imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri. Nella Commissione Affari Esteri sono stati sentiti in audizione i comuni di frontiera, rappresentati dal sindaco di Lavena Ponte Tresa Massimo Mastromarino che ha illustrato l’esempio del suo comune. Ascoltati anche i sindacati italiani e svizzeri.

Audizione in Senato

A seguire da vicino il percorso è il senatore varesino del Pd Alessandro Alferi, che sottolinea il buon esito dell’audizione, che si è svolta ieri martedì 8 marzo in Senato. «Il confronto è stato positivo, molte delle osservazioni presentate sono già contenute nel progetto di legge di ratifica che ha recepito la gran parte delle richieste del territorio, su altre lavoreremo nei prossimi giorni, a partire dell’indennità di disoccupazione». La Commissione ha ascoltato la voce del sindaco di Lavena Ponte Tresa Massimo Mastromarino, intervenuto in qualità di presidente di Acif, l’Associazione Comuni Italiani di Frontiera, che rappresenta 80 comuni italiani situati nella fascia dei 20 km dal confine interessati dal fenomeno del frontalierato, che è diffuso principalmente nelle province di Varese e Como.

L’esempio di Lavena Ponte Tresa

Mastromarino ha portato proprio l’esempio del comune da lui guidato, risalendo agli albori dell’accordo tra Italia e Svizzera del 1974 che sarà sostituito dalla nuova intesa in fase di definizione. «Nei nostri comuni in quegli anni c’era un grande fenomeno migratorio con tante persone che arrivavano da varie regioni d’Italia per trasferirsi qui e lavorare oltre confine. Producevano ricchezza in un altro stato che non forniva loro nessun servizio, mentre le comunità locali erano interessate dall’aumento della popolazione. Quando ero un bambino l’allora sindaco di Lavena Ponte Tresa dovette reperire per noi alunni due aule in un edificio di fortuna perché mancavano gli spazi. L’accordo del 1974 è stata la risposta a queste problematiche attraverso la compensazione finanziaria ai comuni delle spese sostenute a causa della presenza dei frontalieri». Il nuovo accordo si inserisce in quel solco attraverso lo strumento dei ristorni con cui i comuni di frontiera possono dare risposta alle esigenze dei cittadini e ad alcune problematiche transfrontaliere, a partire dalla mobilità sostenibile.

Extragettito ai comuni

«A Lavena Ponte Tresa – ha aggiunto Mastromarino – risiedono 1350 frontalieri su un totale di 2700 famiglie in un comune di circa 6000 abitanti: c’è un frontaliere ogni due famiglie». Quindi il presidente di Acif ha illustrato le richieste dei comuni. «Di concerto con il Governo abbiamo sottoscritto un memorandum di intesa che chiedamo venga recepito nel nuovo accordo fiscale attraverso l’introduzione di alcuni punti». In particolare è sull’ultimo dei tre punti che si sofferma Mastromarino. «Riteniamo che su questo passaggio deve essere fatta una scelta certa, che va specificata meglio nel disegno di legge. L’extragettito deve essere reinvestito nella fascia dei comuni di frontiera e deve essere gestito dai comuni di frontiera che conoscono le problematiche che ci sono sul territorio e possono investire correttamente».

I punti del memorandum

1. Riconoscere specificità e ruolo dei comuni di frontiera circa le problematiche transfrontaliere oggetto dell’accordo in discussione includendo l’associazione tra i soggetti facenti parti di diritto della commissione mista prevista dall’articolo 6 comma 1 del nuovo accordo fiscale

2. Garantire in via strutturale ai comuni di frontiera le risorse finanziarie attraverso trasferimenti dallo Stato in conto capitale e in parte corrente nel limite massimo del 50% di importo annualmente attribuito assicurando che non vi siano riduzioni delle risorse attualmente disponibili derivanti dal versamento dei ristorni da parte dei cantoni in applicazione dell’accordo del ’74 e pari con riferimento all’anno 2019 (anno precedente all’accordo) a 89 milioni di euro

3. Finanziare progetti di sviluppo economico e sociale nei comuni dell’area di frontiera come individuati nell’articolo 2 del nuovo accordo a valere sulle eventuali maggiori entrate derivanti dall’applicazione dell’accordo attraverso l’istituzione di un fondo per lo sviluppo economico e il potenziamento delle infrastrutture nelle zone di confine. Le modalità di utilizzo delle risorse del fondo siano definite dai ministeri competenti sentiti i comuni dell’area di frontiera.

Le richieste dei sindacati

Le organizzazioni sindacali italiane (Cgil, Cisl, Uil) e svizzere (Unia, Ocst) hanno sottolineato gli aspetti fiscali dell’accordo, con particolare riferimento a: incremento della franchigia a 10mila euro estesa a tutti i lavoratori frontalieri nazionali per cui vige ed è prevista la tassazione concorrente; ulteriori misure di riduzione dell’imposizione fiscale sia in ordine alla deducibilità dei contributi obbligatori previdenziali per i prepensionamenti sia per la deduzione d’imposta sugli assegni familiari erogati dal paese dove la prestazione viene effettuata; la definizione di una clausola di salvaguardia per tutti i rapporti di lavoro in essere e/o a far data dal 31/12/2018 fino all’entrata in vigore del nuovo sistema; l’istituzione di un fondo per lo sviluppo economico ed il potenziamento delle infrastrutture delle zone di confine italo-svizzere, utile a garantire le risorse progressive ed almeno equivalenti ai ristorni per Comuni di confine unitamente alla previsione dell’impiego dell’extragettito determinato dal passaggio alla tassazione esclusiva a quella concorrente per i nuovi rapporti di lavoro.

Uno statuto per i frontalieri

I sindacati hanno inoltre chiesto di integrare i provvedimenti di innalzamento della Naspi per i primi tre o cinque mesi in relazione all’anzianità contributiva, coerentemente con la normativa UE, adottata dalla Confederazione Elvetica, in relazione ai rimborsi tra stati delle provvidenze pagate nel paese di residenza. Hanno quindi sollecitato il tavolo interministeriale con l’obiettivo di arrivare a un’ipotesi di Statuto dei lavoratori frontalieri e a un sistema di monitoraggio periodico, al fine di verificare la corretta applicazione dell’accordo e lo sviluppo dei progetti socio-economici destinati ai territori di confine. Infine le parti sociali hanno richiesto di prevedere la soglia di utilizzo dei ristorni fiscali, ovvero del fondo sostitutivo in misura del 50% tra spese correnti e investimenti materiali ed immateriali.