“Gli ultimi passi del sindacone”, Andrea Vitali svela a Busto la sua scrittura

andrea vitali busto

BUSTO ARSIZIO – Un’incursione tra i personaggi e luoghi del romanzo, ma anche una riflessione sul mestiere dello scrittore. A Busto Arsizio ieri, sabato primo dicembre, un’affollata biblioteca comunale “Gian Battista Roggia” ha ospitato l’incontro con Andrea Vitali che, dialogando con Rosi Brandi, giornalista della Prealpina, ha presentato “Gli ultimi passi del sindacone”, il suo nuovo libro. All’appuntamento, che fa parte del Festival del Libro, erano presenti anche il sindaco e presidente della Provincia Emanuele Antonelli, Manuela Maffioli, assessore alla Cultura e Paolo Castelli, direttore esecutivo del Baff.

I personaggi e l’ambientazione

Lo scrittore comasco è tornato nella sua ambientazione preferita, la Bellano del dopoguerra, per raccontare la vicenda del sindaco Attilio Fumagalli e di una singolare riunione di giunta, indetta proprio alla vigilia di Natale, che avrà risvolti noir. Sotto i riflettori sono subito finiti i personaggi del romanzo: donne forti («Nell’Odissea la tenacia di una mater familias come Penelope supera di molto quella di Ulisse. I classici più antichi hanno sempre queste figure femminili, come anche Medea»), il sindacone stesso o il pizzicagnolo. Vitali ha rivelato come, pur prendendo spunto da fatti realmente accaduti, magari esaminando vecchi faldoni con surreali relazioni amministrative delle giunte comunali, cerchi sempre di camuffare molto attentamente e evitare riferimenti espliciti. Bellano, set permanente delle sue storie, sta ora vivendo una sorta di “Rinascimento lariano” grazie all’opera di amministrazioni giovani che, valorizzando le doti naturali dei luoghi e un turismo intelligente, sono riusciti a contrastare un processo di invecchiamento provocato dalla scomparsa del cotonificio, e quindi del lavoro in zona.

I maestri

La prolificità nella scrittura, la sua pratica, può anche spingere a cercare modi alternativi di utilizzarla. Vitali ha così annunciato la sua volontà di usare un differente schema narrativo per un altro tipo di storia. Sarà pubblicata a maggio o giugno e, per dare un segno ben preciso, da un altro editore: «Quello che mi importa di più sono i patti chiari con i lettori». Riguardo ai quali è ottimista: «La lingua si è spenta ma ho dubbi che i giovani siano così indifferenti. Da che mondo è mondo ci sono sempre stati quelli che non leggono libri e sbagliano congiuntivi, ma non condivido l’opinione che noi italiani non leggiamo». E ha aggiunto: «Uno che scrive, per continuare, deve sempre leggere libri. Nel mio caso sono gialli, noir, storici, soprattutto sul Novecento. Sono amante di scrittori molto lontani da me, che creano mondi lontani. Uno su tutti è Murakami, non ho mai preso lsd ma mi fa quell’effetto lì. Quelli come lui mi danno il senso del limite e mi dicono che se voglio e mi impegno posso superarlo. Oltre che scrittori sono maestri». Vitali, dopo aver osservato come i personaggi maschili dei suoi racconti siano pieni di difetti («perchè siamo pieni di scuse e più indulgenti verso noi stessi») ha ricordato come una maestra sia stata la sua chiave di entrata nel mondo della letteratura, facendogli capire come fosse d’attualità un’opera scritta oltre duemila anni fa: «Ciò che fa grande l’Odissea è il racconto della nostalgia, dell’amore, di tutti quei sentimenti che animano anche il nostro vivere quotidiano e da cui noi poi raccontiamo le storie».

Non tradire i lettori

Interrogato su quale opera sceglierebbe, se potesse salvarne una sola dal rogo, ha risposto “Pianoforte vendesi”. Perchè «rappresenta di più il bambino dentro di me che continua a raccontare. Ho fatto tanti tentativi per raccontare la notte della vigilia dell’Epifania, di mischiare il reale all’immaginario. Nella altre storie c’è più mestiere, in quello quasi solo cuore». E, analizzando il suo successo di scrittore che da vent’anni non sbaglia un colpo, ha concluso: «È necessario tenere i piedi per terra. La possibilità di inciampare è sempre presente, se poi voli alto ti fai male. Scrivere è comunque un lavoro e ha i suoi periodi di fatica, legati al rapporto con i lettori. Non puoi permetterti di tradirli, sono loro i primi e più feroci critici».

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