Aperol o Campari? Whatever he drinks…

draghi mattarella quirinale
Sergio Mattarella e Mario Draghi

di Luigi Patrini

Particolarmente significativo il recente intervento di Mattarella fatto in occasione del ventennale della morte del suo predecessore Giovanni Leone. Quasi tutti i commenti si sono soffermati sulla conferma del suo rifiuto alla rielezione, mentre sembra quasi ignorato il suo fermo giudizio sulla ignobile campagna “scandalistica e invereconda” diretta contro Leone, costretto alla fine a dimettersi. Lo scandalo era scoppiato in conseguenza del “caso Lockeed”, la multinazionale accusata di aver pagato tangenti anche in Italia per vendere i suoi aerei da trasporto C 130 Hercules, quadrimotori militari turboelica.

In quella circostanza si insinuò il sospetto – alimentato ad arte da esponenti politici soprattutto del Partito Radicale – che un misterioso personaggio coinvolto nelle trattative (tale Antelope Cobbler) dovesse identificarsi proprio con Giovanni Leone, cosa che si rivelò assolutamente infondata. Certo è inutile rivangare in un passato ormai lontano: era il 1976, il periodo anche dell’ICMESA di Seveso. In entrambe le vicende cominciò a manifestarsi palesemente la modalità – davvero invereconda – che la lotta politica stava cominciando ad assumere nel nostro Paese, spesso utilizzando anche l’enfasi scandalistica offerta da media compiacenti. Anche di questo occorrerebbe cominciare a parlare.

draghi mattarella quirinale
Luigi Patrini

Ciò che ha fatto scalpore nell’intervento di Mattarella è, però, la sua ribadita opposizione ad una riconferma: il suo secco NO alla rielezione paradossalmente sta costringendo tutti i partiti a prendere in  esame una questione che non possono fingere di voler rinviare all’inizio del 2022 (la scadenza di Mattarella sarà i primi di febbraio): sia Letta (PD) che Salvini (Lega) concordano nel dire che se ne parlerà dopo Natale, a partire dalle prime settimane del 2022, ma è chiaro che la questione è già nei retro-pensieri di tutti i politici. E non potrebbe essere diversamente.

A provocare l’infiammarsi del dibattito sono state le parole dette alla radio dal barman di Draghi. Le ho sentite anch’io mentre andavo in auto, ascoltando “Un giorno da pecora” su Rai 1. Dice il barman, tale Antonio Proietti, titolare del bar “PagaRoma” che ne ha parlato con la moglie di Draghi: “La moglie dice che sarà presidente”. Draghi, mentre si trova a Parigi per la conferenza sulla Libia, puntualizza, ma solo sul drink: bevo Campari, non Aperol. E sulle sue intenzioni non dice nulla, neppure una parola. I politici si scatenano e il palazzo trema, mettendo in luce la preoccupazione non solo degli innumerevoli aspiranti, ma soprattutto dei peones che riempiono il nostro Parlamento, tanto screditati che quasi tutti gli organi di stampa non hanno alcuna remora a segnalare che il vero timore diffuso tra i peones sia proprio che, se Draghi lasciasse il Governo per il Colle, le elezioni anticipate sarebbero inevitabili, privando i parlamentari alla prima legislatura dei benefit legati alla pensione futura.

Nei partiti tutti tacciono, ma tutti ci pensano. Il vero problema per tutti è che nel Paese è chiaro a tutti che Draghi, per la sua autorevolezza personale a livello internazionale, è stato davvero “l’ultima carta” che Mattarella poteva usare per salvare il Paese: quale sarà dunque il “destino” che gli si potrà riservare senza perdere la faccia davanti al mondo e al Paese? Nessuno può pensare di trovare qualche “Scilipoti” da mettere in pista e di liquidare la “risorsa” che molti in Europa ci invidiano! Una risorsa invidiata, ma ….esplosiva, che non è facile né maneggiare, né manomettere!

Draghi non è maneggiabile e lui lo sa benissimo. Chi pensasse di farlo “oggetto passivo” di un proprio disegno, non può ignorare che sarebbe pericolosissimo che gli ….scoppiasse in mano! La tentazione di manipolare i “suoi” risultati (assai evidenti, dopo i disastri provocati dai due Governi Conte) già emerge a destra e a sinistra: ma la gente sa che se la pandemia non ha travolto il Paese, se il PNRR è avviato bene e con buona parte delle leggi delega in via di definizione è merito indiscusso della autorevolezza di Draghi.

Ma i “capetti” sia di destra che di sinistra, assolutamente disabituati a quella solidarietà che il momento richiederebbe, inclini come sono a scontrarsi ideologicamente più che a collaborare per il vero Bene Comune, devono stare molto attenti a non regalare Draghi al proprio “avversario”! Se Draghi se ne accorgesse, potrebbe dimettersi dalla sera alla mattina, lasciandoli tutti in braghe di tela!

draghi mattarella quirinale – MALPENSA24