AQUILOTTO DELLA VALLE DEL SEVESO: “Lazio da record, battuto anche il grande Erikson”

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Teodor Nasi

La prima squadra della Capitale festeggiava 120 anni di storia di fronte ad un Napoli ostico. Per 28 minuti non succede quasi nulla, se non una guerra di nervi. Gattuso chiude in centrocampo il Napoli come una cozza, la Lazio mantiene i nervi d’acciaio, ma non passa. E comincia a sentirsi, ad onta dei bollettini trionfalistici per la decima vittoria di fila, il rumore di qualche crepa.
La prima è che, come avviene ogni anno, dopo il panettone i nostri sono bolsi e stanchi. E, se si riprendono, lo fanno a maggio. È dal 2000 che vediamo proprio questo: la Lazio non ha ricambi e gambe per resistere 90 minuti per un campionato intero al livello che spetta alle aquile, cioè la vetta.
Il secondo è che Ciro Immobile, che a me insiste a non piacere, è un fantasma se la squadra non lo imbocca. Meno male che da qualche mese ha ripreso a segnare, ma per farlo deve avere la palla lì davanti. E se il Napoli chiude le vie per 28 minuti, Immobile è a secco. L’unico che vola, come un aquilotto, è Strakosha.
Poi è Napoli, Lazio arranca. Certo, arriva un paio di volte avanti, ma zoppicando.
Finisce il primo tempo e ci si inizia a chiedere se le nubi si stiano già addensando in lontananza.
Palo di Zielinski segue una pretenziosa ciofeca da fuorissimo area di Immobile. Poi Insigne insegna calcio all’Olimpico. Strakosha salva.
Poi Immobile, che per vedersi arrivare la palla davanti deve pregare San Gennaro, decide che tanto vale andare a rubarla. E lo fa in maniera corretta e un po’ guascona. La butta dentro, ma io opterei per l’autogol.
108 gol con la Lazio, ventesimo di questa stagione. Bravo.
Poi però è ancora Napoli. Insigne tenta una minella sapidissima bloccata da Strakosha e noi si tira avanti con il fiatone.
La fine della partita dice una cosa: che abbiamo frantumato il record di vittorie di fila che avevamo raggiunto con Eriksson. Ogni ulteriore deduzione fa un po’ paura.

Aquilotto valle Seveso Malpensa24