Da Chernobyl a Busto. Aubam: «Abbiamo portato più di cinquemila bambini»

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BUSTO ARSIZIO – «Oltre cinquemila minori portati a Busto Arsizio, sono poche le associazioni che possono dire lo stesso». A dichiararlo è Antonio Tosi, fondatore e presidente di A.U.Ba.M., associazione umanitaria di Busto Arsizio che si occupa di far giungere nei mesi estivi i bambini di Chernobyl. Il temporaneo soggiorno nelle case di famiglie italiane, che di solito avviene tra metà giugno e metà luglio, può portare a far calare dal 30% al 50% il livello di cesio 137 assorbito dai loro corpi in un anno.

«Si deve sapere chi ha firmato»

«Abbiamo portato avanti la bandiera, si doveva avere una linea di continuità». Aubam, nata nel 1998 a Luino, ha visto un cambio di gestione nel 2008 quando Bernardo Pastori, il suo presidente, ha ceduto il testimone a Antonio Tosi e Roberto Favrin, che l’hanno rifondata. Un iter non semplice: «Quando si mandano le pratiche per far arrivare i bambini si deve sapere chi ha firmato». Dopo il viaggio a Roma per essere riconosciuti dal Ministero delle Politiche sociali è stato necessario anche contattare l’associazione “Difendiamo i bambini di Chernobyl”, che si occupa del registro in cui vengono iscritti dalle famiglie quelli che verranno in Italia, fermandosi per circa cinque settimane. Per il 2019 ne sono attesi cinquantadue: trascorreranno parte del soggiorno alla colonia marina di Alassio, completamente ospiti dell’amministrazione comunale di Busto Arsizio. Insieme a loro giungono sempre due accompagnatrici in grado di parlare l’italiano che, passando regolarmente nelle case a visitare tutti i bambini, fanno da tramite tra loro e le famiglie.

«Non è il sangue che fa la famiglia»

La storia di Aubam è stata raccontata in un fumetto, in cui protagonista è Anastasya, la prima bambina ospitata da Tosi e da sua moglie Antonella: «Non è il sangue che fa la famiglia, ma il rapporto che si instaura. Quando è diventata mamma, ci ha detto “vi ho reso nonni”: siamo andati in Ucraina a trovare la nipotina». E, sebbene abbia raggiunto la maggiore età e stia preparando la tesi, continuano a ricevere le visite della seconda, Anna. «Si tratta di opportunità uniche. Se uno sta sempre a casa sua non gli viene uno stimolo a fare qualcosa in più. E noi, che ospitiamo, abbiamo qualcosa in più da ricevere. Auspichiamo di conoscere nuove famiglie che aprano la loro casa e il loro cuore ai bambini di Chernobyl, questo è il motore che ci muove».

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