Ballottaggio a Varese, quanto vale il non voto

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Prima della domanda “chi vincerà il ballottaggio a Varese?” bisognerebbe chiedersi “quanta gente andrà alle urne?”. Quesito che non riguarda soltanto la città del Bernascone, ma tutte le altre chiamate allo spareggio di domenica 17 e lunedì 18. La disaffezione dalla politica è oramai diventato un problema generalizzato. In sé preoccupante, perché interessa tutta la popolazione italiana, da Nord a Sud. Le motivazioni sono molteplici e, per essere compiutamente analizzate, richiederebbero qualcosa più di un semplice articolo. Di sicuro è un aspetto che sminuisce il valore stesso di una consultazione elettorale, soprattutto se in gioco c’è la scelta del sindaco e dell’amministrazione di una città come di un paese. Le quali, sindaco e amministrazione, presidi istituzionali maggiormente percepiti dalla gente per evidenti ragioni, verrebbero elette da una minoranza dei cittadini aventi diritto al voto.

Per restare sul nostro territorio, è già successo a Gallarate e a Busto Arsizio, dove Andrea Cassani e Emanuele Antonelli hanno ottenuto al primo turno il consenso di appena il 25 per cento dei loro concittadini. Anzi, a Busto Arsizio, avendo votato il 45 per cento o poco più delle persone, questa percentuale scende ancora, sufficiente però per determinare il 50 per cento più uno dei consensi che sancisce subito la vittoria. A Varese l’esito è stato diverso, tanto che occorre il ballottaggio, ma cambia poco rispetto al numero assoluto e in percentuale dei votanti quindici giorni fa: in netta flessione rispetto al passato.

Le premesse perché la seconda chiamata alle urne riservi un nuovo calo di varesini ai seggi ci sono tutte. Sono premesse che non possono non preoccupare i partiti, così come i due contendenti in gara, il piddino Davide Galimberti e il leghista Matteo Bianchi. Peraltro protagonisti di una campagna elettorale giocata sul fair play, quindi affrancata dalla solita caciara politica, urlata e confusa, che caratterizza i confronti elettorali nel nostro Paese. Per di più, Galimberti e Bianchi hanno offerto di loro un’immagine di serietà non sempre riscontrabile altrove. Una situazione quasi esemplare rispetto a quanto accade in giro per l’Italia e finanche sotto Varese, che dovrebbe riavvicinare i cittadini alla politica, altro che allontanarli. Capiremo tra poche ore se i diffusi appelli al voto avranno avuto effetto o se, invece, saranno caduti nel vuoto in funzione dell’assenteismo.

Dicevamo della preoccupazione dei diretti interessati al risultato finale. C’è infatti da capire chi penalizzerà di più la presumibile, scarsa affluenza, se il centrosinistra o il centrodestra, se Galimberti o Bianchi. Per definizione è l’elettorato di destra meno motivato ai ballottaggi. Ma in un contesto di assenteismo generalizzato dalle urne potrebbe anche accadere l’esatto contrario. Anche per questo è difficile azzardare pronostici esaustivi a fronte del risicato scarto che divide i due dopo il primo turno, appena sopra il 48 per cento Galimberti, poco meno del 45 Bianchi. Diciamo che partono alla pari, con un’incertezza assoluta. Benché sia acclarata, nonostante tutto, la sostanza politica di questo spareggio. Forse più per la Lega che per il Pd, attraversata da un’agitazione identitaria che in qualche modo interessa soprattutto Varese. Al punto che Matteo Salvini si è fatto vivo con inusitata frequenza a sostegno di Bianchi, mentre gli altri leader del centrodestra e del centrosinistra sono rimasti alla larga da Varese.

Sia come sia, il ballottaggio varesino avrà ritorni importanti sull’impianto stesso della mappa politica della provincia di Varese. Non è un caso che Busto Arsizio e Gallarate aspettino lunedì sera per ufficializzare la formazione delle loro giunte. Senza dimenticare quanto peserà la maggioranza amministrativa del capoluogo nella consultazione (di secondo livello) per Villa Recalcati. Un futuro politico che verrà scritto da chi andrà alle urne, ma anche da coloro i quali le diserteranno.

Quanto conta Varese? Tutto. Niente

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