Il dem Paolo Bertocchi: «Pochi militanti alle primarie del Pd. Serve Calenda»

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VARESE – «Io sto con Calenda». Il dem Paolo Bertocchi esce allo scoperto. E lo fa per primo. Prima dei “colonnelli” del partito. Prima dei sindaci, degli amministratori e di tutti coloro che hanno avuto o hanno un ruolo di primo piano nella politica provinciale. E lo fa subito dopo l’esito delle primarie di circolo per l’elezione del nuovo segretario. Una scelta di tempo non casuale. Calcolata, forse. Anche perché Paolo Bertocchi, dopo le elezioni regionali e la fine del mandato dell’amministrazione provinciale “targata” Vincenzi si era preso un periodo sabbatico dalla politica e dalla vita di partito. Quel Pd al quale, dice Bertocchi «sono orgogliosamente iscritto, che rimane il mio partito e al quale voglio bene». Parole che lette in controluce danno un messaggio forte e chiaro: “Sono e resto nel Pd”. Ma sta con Calenda. Come tutti i sindaci di centrosinistra che guidano le città capoluogo della Lombardia. Tutti, tranne il varesino Davide Galimberti, l’unico tra i primi cittadini dem di un certo peso a non aver firmato il Manifesto.

Paolo Bertocchi, prima della scelta parliamo dei tempi. Perché ha deciso di uscire allo scoperto proprio ora?
«Perché credo che è tempo di dare un risposta politica forte e che parta proprio dal Pd. Una scelta non in contrasto con il congresso in corso e che reputo possa dare un contributo in più rispetto alle scelte che siamo chiamati a fare».

Però c’è in corso il congresso del partito, tanto chiesto e tanto atteso. Non sarebbe stato più opportuno aspettare?
«Diciamo che non è la mia scelta da arrivare in anticipo, bensì è il congresso ad essere in ritardo. Io sono stato tra quelli che avevano chiesto subito di andare al rinnovo dei vertici del partito. Ora invece il tutto si chiuderà a marzo e con le Europee ormai alle porte. Ma non è solo questo il punto».

Ovvero?
«Dopo 8 mesi arriviamo al congresso. E con il governo Lega – Cinque Stelle e il Pd all’opposizione, in provincia di Varese, avrebbe dovuto esserci un’altra risposta in termini di partecipazione alle primarie dei circoli. Invece su circa 2 mila aventi diritti al voto, solo 900 l’hanno esercitato, il che significa, una provincia di 900 mila abitanti, che il partito “ha mosso” lo 0,1%. Tanto se pensiamo che siamo l’unico partito capace di muovere questi numeri per delle primarie vere. Poco, troppo poco se invece consideriamo il momento storico e politico che stiamo vivendo tutti. Non solo il Pd».

Sembra l’introduzione al “de profundis” del Pd?
Tutt’altro. Anche Calenda è iscritto al Pd, come Chiamparino, Gori e tutti i sindaci del centrosinistra che hanno firmato il Manifesto ed è stato chiaro. Anzi, ora dopo le primarie di circolo ci sono quelle degli elettori alle quali possono partecipare iscritti al Pd, ma anche chi non è iscritto. E noi cercheremo di coinvolgere tutti coloro che credono nell’Europa. Insomma si parte dal Partito democratico. Da dentro il Pd. L’obiettivo è arrivare a tutti coloro sono contrari alle idee e ai valori portati avanti da questo governo. Insomma, per usare le parole di Calenda e del Manifesto, “siamo europei e il destino dell’Europa è il destino dell’Italia”. Per questo dico che chi condivide i valori del Manifesto non può pensare di “strizzare” l’occhio a grillini in prospettiva futura».

D’accordo, chiarito il punto di partenza ora resta da capire dove si vuole arrivare: nascerà un nuovo partito?
«Guardiamo la realtà. Continuare a parlare di sigle e alleanza tra partiti non ha più senso. Da un lato sono rimasti Lega e Cinque stelle, per il resto invece è tutto da costruire. La prima cosa chiara è che non si vuole costruire un fronte contro il populismo. Lavoriamo invece per costruire un’alleanza che abbia davvero principi condivisi e in grado di affrontare tutte le sfide che ci sono sul tavolo senza derogare a una serie di valori condivisi da tanta gente, che al momento non ha “una casa” in cui potersi riconoscere».

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