VISTO&RIVISTO Se i super eroi sono cittadini del mondo come noi

minchella super eroi

di Andrea Minchella

VISTO

GLASS di M. Night Shyamalan (Stati Uniti 2019, 128 min).

Terzo capitolo della saga sui super eroi di Shyamalan, cominciata nel 2000 con ”Unbreakable – il predestinato” e proseguita con ”Split” del 2016, questo “Glass” riunisce Bruce Willis, Samuel l. Jackson e James Mc Avoy in un bel film equilibrato, che può essere meglio apprezzato se letto come un’interessante riflessione sulla perenne lotta tra la religione, e chi la segue quasi follemente, e la razionalità quotidiana i cui discepoli accettano solo ciò comprendono e che vedono con i loro occhi.

In un mondo, infatti, in cui tutto diventa razionale e dimostrabile, i fumetti assumono, spesso, una fonte inesauribile di spiritualità per una moltitudine di giovani, e non solo, che trasferiscono in questi super eroi, buoni o cattivi, le loro speranze, paure, desideri finanche i loro difetti più invalidanti.

Un’altra interessante chiave di lettura del film di Shyamalan, attento osservatore della realtà, ci può far riflettere sulla condizione della malattia mentale in una società totalmente impermeabile alla diversità e alla difficoltà di convivenza di certi tipi di umanità.

Se visto con queste aspettative, quindi, “Glass”, apparentemente artificioso e troppo didascalico, risulta essere un’originale istantanea della società contemporanea, con i suoi tanti difetti ma, anche, con le sue preziose ed umane sfaccettature che emergono quando ormai tutto sembra compromesso: il miracolo laico, tanto caro a Shyamalan, sembra essere uno di quei momenti in cui il mondo, dato molto spesso per devastatamente finito, riesce a risollevarsi e proseguire sulla sua tortuosa ma infinita strada vitale.

Insieme ad un troppo sbiadito Bruce Willis e ad un iconografico Samuel L. Jackson, ritroviamo in una forma molto più accentuata e articolata che in “Split”, grave la mancata candidatura agli Oscar 2019, un bravissimo James McAvoy che ben incarna la difficile condizione umana affetta da una gravissima forma di schizofrenia mischiata abilmente ad una infinita forma di sdoppiamento della personalità: se McAvoy smette di essere un super eroe, ci rimane uno dei tanti malati di mente che affrontano mille difficoltà per rimanere a galla in un mondo terrorizzato da tutto ciò che è “diverso”, come il malato o, mai più attuale, lo straniero.

RIVISTO

LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT di Gabriele Mainetti (Italia 2015, 118 min).

Questa è una rivoluzione. Mentre tutto il mondo arricchiva Hollywood grazie agli innumerevoli film sui super eroi prevalentemente americani, l’Italia stava a guardare. Poi nel 2015, un anno dopo il tentativo apprezzabile ma non completamente riuscito di Salvatores con “Il Ragazzo Invisibile”, arriva nelle sale italiane lo stravolgente “Lo Chiamavano Jeeg Robot” scritto e sceneggiato dal prolifico Nicola Guaglianone e diretto dal sorprendente Gabriele Mainetti.

La storia, mutuata in parte da “Unbreakable” di Shyamalan del 2000, racconta in forma molto originale di un ragazzo romano, un ritrovato Claudio Santamaria, che scopre casualmente di possedere poteri eccezionali. Da questo momento la sua vita banale e provinciale diventerà la vita di un super eroe: Enzo Ceccotto, questo il nome poco eroico del protagonista, lotterà contro il male, lo Zingaro, interpretato da un incantevole Luca Marinelli, usando i poteri straordinari miscelati all’istinto umano proprio di un qualsiasi ragazzo romano di periferia.

Una tecnica fresca e innovativa rendono questo film un progetto ambizioso ma che riesce a soddisfare pienamente la dilagante voglia di novità e di belle storie che il cinema italiano, da un po’ di anni, sembra avere ma solo raramente riesce a soddisfare.

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