Bertolini: “L’infortunio, il tricolore di ciclocross, il Covid e Fabio Aru”

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Il 2020 non è stato il suo anno fortunato, ma nel nuovo anno Gioele Bertolini, atleta dell’Esercito, ha voluto subito mettere le cose in chiaro conquistando la maglia di Campione Italiano a Lecce e ripetendosi anche a Basiliano, in Friuli. Il ragazzo di Morbegno, dopo l’incidente a Beringen dello scorso anno, è tornato a sorridere e ad Ardea, alle porte di Roma, si sta preparando con la nazionale per i Mondiali di ciclocross Ostenda.

Il 2020 è stato un anno difficile con una caduta che ha compromesso la stagione. Cosa è successo quel giorno in Belgio?
«Ero a Beringen per una gara internazionale con la mountain bike e dovevo affrontare una discesa ripida. Quando ho iniziato a frenare la bici non ha risposto a causa del fango e prendevo sempre più velocità. In fondo c’era una staccionata e io sono entrato di spalla su quei tronchi e ho fratturato tutto il lato destro del mio corpo».

Il recupero come è stato?
«Dopo 5 giorni sono tornato in Italia e il recupero tutto sommato è andato bene. A casa ho iniziato subito con delle sedute di rulli e delle camminate e dopo circa un mese e mezzo dall’incidente ho ripreso gli allenamenti su strada».

Dal punto di vista psicologico non è stato facile ripartire dopo il lockdown e poi doversi fermare per un incidente. Come ha vissuto quel periodo?
«Non è stato tanto il problema del partire e poi fermarsi, ma il dispiacere che ho provato per la mia squadra. Avevo appena cambiato team e c’era quella serenità che mancava da tempo e, nel momento più importante della stagione, mi sono infortunato. Per il morale è stata senza dubbio una grande botta. Mi sono allora impegnato sul lavoro di recupero, perché sapevo che lavorando bene avrei accorciato i tempi per tornare competitivo nella stagione del ciclocross».

Quando è tornato alle gare?
«Sono tornato in gara a Bologna in una gara regionale e sono partito con calma».

Come è proseguita la stagione verso i Campionati Italiani?
«Dopo l’infortunio, al rientro in gara non avevo il giusto passo e soffrivo i cambi di ritmo, poi pian piano con il mio preparatore siamo riusciti a trovare la giusta strategia e ho iniziato il recupero in corsa. Ho capito quali erano le mie lacune e una volta colmate sono riuscito a primeggiare».

Che gara è stata per lei quella tricolore a Lecce?
«Era una gara difficile e i miei avversari erano molto competitivi, per cui sapevo che c’era pochissimo margine per commettere errori. Aveva piovuto e il terreno era viscido e il passaggio delle altre categorie aveva ulteriormente rovinato il tracciato. Avevo guardato bene il percorso durante le ricognizioni e poi in gara ho cercato di sfruttare al massimo quello che avevo visto. Dorigoni è subito partito forte e io sono andato con lui e poi ho preso vantaggio su di lui e l’ho tenuto a debita distanza».

Cosa rappresenta per lei la maglia tricolore?
«Sicuramente una rivincita dopo una stagione da dimenticare. Questa maglia poi ti dà sempre qualcosa in più e anche quando vai all’estero e in gara porti questa maglia, sei subito riconoscibile ed è una maglia che fuori dall’Italia piace».

Voi del ciclocross siete stati i primi ad aver iniziato la nuova stagione e il Covid-19 purtroppo c’è ancora. Come state vivendo in corsa?
«E’ cambiato il mondo fuori dalle corse, in realtà quando noi entriamo in griglia e un minuto prima del via togliamo la mascherina tutto è come al solito. Sono altri gli aspetti che creano problemi, per andare all’estero servono i tamponi e anche negli hotel è difficile mangiare, dobbiamo essere sempre attenti e non abbassare mai la guardia. Basta un momento di distrazione e rischi di saltare appuntamenti importanti».

Ha avuto problemi alle gare a livello di alberghi e per mangiare?
«Io personalmente no e all’estero sono andato poco. La mia squadra poi era dotata di un camper, per tanto avevamo la cucina e qualche volte ho dormito proprio sul camper. Sentendo altri atleti, problemi ci sono stati, ad esempio in Italia non ci sono più le docce per gli atleti e se non hai un camper diventa impossibile andare a fare le gare».

Quali saranno i prossimi appuntamenti in vista del Mondiale?
«Per il momento siamo tutti ad Ardea dove ci stiamo preparando per Ostenda. Il cittì ha scelto Ardea perché c’è la sabbia e anche in Belgio la troveremo. Poi quasi tutti domani correremo a Variano in Friuli e quindi parteciperò all’ultima tappa di Coppa del Mondo, a Overijse, domenica 24».

Che Mondiale sarà per lei?
«E’ difficile dirlo, ogni giorno scopriamo qualcosa di nuovo, dicono che i tratti di sabbia siano stati accorciati e comunque questo sarà un punto chiave. Abbiamo visto il percorso soltanto in video durante i campionati belgi, quindi sappiamo veramente poco».

Quali saranno in questo percorso i punti a suo vantaggio?
«Le curve e i saliscendi in erba sono a mio vantaggio. Sono un ragazzo scattante, mentre la sabbia non sarà per me».

Con voi ad Ardea in ritiro c’è anche Fabio Aru. Voi vi conoscete da tempo: che effetto le ha fatto ritrovarlo in gara nel ciclocross?
«Conosco Fabio da tanti anni e non ci siamo mai persi di vista, siamo sempre rimasti in contatto. Qui si sta divertendo e siamo tutti felici che sia con noi, anzi dobbiamo ringraziarlo. Grazie alla sua notorietà, tornando a fare ciclocross ha fatto accendere i riflettori sul nostro sport e speriamo che la gente continui a seguirci anche quando Fabio sarà tornato a correre su strada. Il ritorno di Fabio Aru in questa disciplina, ha fatto sicuramente bene a tutto il movimento».

Articolo a cura della redazione di Tuttobiciweb

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