Novecento disperati nel gelo della Bosnia

Appello di Amnesty International per salvare i migranti di Lipa, abbandonati nella neve e nella foresta dei Balcani

di Carlo Pedroli

“La situazione di oltre 900 migranti a Lipa, in Bosnia-Erzegovina, è drammatica. Sono privi di un alloggio adeguato in condizioni invernali estreme – dichiara la Commissaria europea per gli Affari interni Ylva Johansson – invitiamo le autorità nazionali e locali bosniache a lavorare insieme per offrire l’alloggio che questi esseri umani meritano”.

Nella regione di Una Sana si concentrano migranti provenienti prevalentemente da Pakistan, Afghanistan e Bangladesh. Hanno origini e culture diverse, ma sono uniti dal medesimo destino. Dopo lunghi viaggi affrontati con mezzi di fortuna lungo la rotta dei Balcani, cercano di passare il confine con la Croazia per raggiungere il cuore dell’Europa. Ma ad attenderli alla frontiera ci sono i manganelli della polizia. Alcuni tentano l’attraversamento a bordo di camion, treni o a piedi nei boschi. Inutilmente. E una volta respinte le richieste di asilo, i migranti si ammassano nei campi, in una sorta di limbo, nell’attesa di riprovare ad entrare in un paese europeo.

E questa è anche la storia dei “900” di Lipa, novecento migranti che dal giorno di capodanno si trovano in condizioni ai limiti della sopravvivenza. Ciabatte nella neve, abiti di fortuna, malnutrizione e malattie, i migranti di Lipa resistono nella speranza di trovare un riparo dal gelo. Intere famiglie sono state costrette a rifugiarsi nei parchi, nelle fattorie abbandonate e nelle foreste al confine con la Croazia. Non hanno accesso all’acqua corrente. Si trovano in condizioni di estrema emergenza sanitaria, dimenticati da tutti. Novecento anime disperate.

Come tanti altri, la polizia li ha brutalmente respinti al confine. Dopo l’incendio del 23 dicembre, probabilmente di matrice dolosa, il campo profughi nella città di Bihac in cui molti di loro avevano trovato un riparo, è stato chiuso, e i “900” di Lipa sono stati abbandonati al proprio destino. Il governo bosniaco ha indicato l’ex campo di Bira, nel centro abitato della città, come struttura adeguata ad accogliere in modo temporaneo questi profughi, ma la ferma opposizione degli abitanti del luogo ha fatto tornare il governo sui propri passi. Mentre la politica temporeggia, le sagome dei migranti tremano nella neve. Costretti vagare nei gelidi boschi dei Balcani. Qualche giorno fa, sono state fornite 20 tende militari riscaldate che non possono però ospitare tutti.

E’ Amnesty International a denunciare la situazione nel rapporto stilato e reso pubblico in data 12 gennaio definendo la crisi umanitaria “evitabile”. Evitabile perché ampiamente prevedibile. Ogni anno, con l’inverno le temperature scendono sotto lo zero e lo stato di salute dei migranti, già compromesso dalla loro miserevole condizione, viene messo a rischio dalle intemperie. La gestione fallimentare della questione a livello sia europeo che nazionale non è una novità. La Bosnia che dal 2016 ha fatto richiesta di entrare nell’Unione Europea, ha ricevuto dalla stessa circa 90 milioni di euro per gestire le problematiche legate all’immigrazione. “Il complesso sistema costituzionale della Bosnia spesso impedisce di individuare le varie responsabilità che hanno aggravato la crisi. Ora è essenziale la collaborazione dell’UE con il governo bosniaco – afferma Amnesty International – Da anni la regione di Una Sana, sul confine tra Croazia e Bosnia, è il luogo in cui si ammassano migliaia di profughi”. Il 3 gennaio la Commissione Europea ha annunciato un ulteriore finanziamento di 3,5 milioni di euro. “Per quanto essenziale, l’assistenza economica che viene destinata a progetti a breve termine – conclude il rapporto – avrà sempre un effetto limitato”.

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