Adolescenti, risse e giochi di guerra via social

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Giovani "arruolati" via social per la rissa di Gallarate

di Gian Franco Bottini

Basta scorrere le cronache e quasi ogni giorno impattiamo in fatti, non certo edificanti, che vedono come protagonisti ragazzi di una età a cavallo dell’adolescenza, senza distinzione di sesso, visto che timide fanciulle di una volta sono spesso oggi turbolente attrici di primo piano.

E’ di questi giorni una rissa avvenuta in pieno giorno nel centro di Gallarate,  ripetizione di analoghi film “girati” a Busto, Legnano e Varese, per citare i set a noi più vicini. Non più di quattro mesi fa avemmo modo di parlare, da queste pagine, di certi   comportamenti giovanili che segnalavano una incipiente turbolenza in quella fascia di età. Si trattava allora di episodi che sembravano, se non isolati, più legati a situazioni    localizzabili e quindi governabili. Oggi con l’episodio di Gallarate, fotocopia degli altri citati e con protagonista addirittura un centinaio di ragazzi, non si può non parlare di un “fenomeno giovanile ”, con uno schema ben definito, che coinvolge individui provenienti da aree fra loro distanti e che dispone di un sistema di comunicazione e reclutamento efficace  e ben oliato. La difficile individuazione o l’inconsistenza delle motivazioni di tali scontri consiglia di ricercarne le origini in radici più profonde.

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GIan Franco Bottini

Non siamo sociologi e pur  non volendo avventurarci nella ricerca di  responsabilità e cause, non possiamo fare a meno di ricordare il ruolo di scuola e famiglia nell’educazione di un ragazzo; ambedue questi istituti hanno sicuramente avuto in questo periodo una serie di difficoltà che hanno peggiorato il loro già precario contributo. (riferimento al già citato precedente intervento).  Non possiamo nemmeno ignorare i danni alla psiche dei ragazzi provocati dalle prolungate carenze di socializzazione (sia a scuola che altrove), dalle difficoltà di mantenere rapporti affettivi già di loro natura instabili, dalla pressoché nulla possibilità di allacciarne dei nuovi. Chi ha lontani ricordi adolescenziali  sa che le pulsioni represse di quell’età possono creare  una rabbiosa miscela esplosiva che, se non sfoga, può scadere anche  nella depressione (fenomeno segnalato in crescita).

A questo va aggiunto, e non ignorato, che l’impossibilità a svolgere  attività sportive ha tolto ai ragazzi  quello spazio di sfogo fisico e di aggressività controllata che l’esuberanza della loro gioventù porta con se. Non è perciò difficile comprendere che in tali situazioni, soprattutto i più deboli, cercano la loro sicurezza ed autostima nella protezione del” branco”,  dove purtroppo la leadership non ricade  sempre sulla  persona più moderata e  disinteressata.

Dichiarandoci  non attrezzati per individuare compiutamente le “cause” non possiamo però evitare di vedere gli “effetti” , partendo dal fatto che la scuola, la piazza, il bar sono stati in questo periodo molto spesso sostituiti dalla rete e da un solitario confronto con un computer, dove i messaggi corrono spesso senza volto e senza responsabilità, dove si cerca di fare “virtualmente” gruppo seppur a chilometri di distanza, dove le menti più malsane diventano quelle più affascinanti per dare una scossa alla noia della solitudine. I giorni passati davanti a dei videogiochi , la maggior parte dei quali impostati sulla violenza, non hanno certo acquietato la rabbiosa aggressività latente.

E’ evidente che il caso di Gallarate, come gli altri analoghi, trova il suo strumento di realizzazione nella potenza della rete e dei social , capaci di accorciare tempi e distanze anche nell’organizzazione di giochi pericolosi.

In attesa che le situazioni contingenti ritornino nella normalità e ognuno possa riprendere il suo ruolo, quel poco che oggi si può fare è cercare, chi ne ha il potere, di intercettare l’origine delle situazioni, con uno stretto controllo sui social , evitando le immancabili  e stucchevoli  tiritere sulla libertà di espressione. In tempi in cui i social, rendendosi conto dei danni che tramite loro si possono procurare, oscurano un Presidente degli Stati Uniti, sarebbe ridicolo fermarsi di fronte ad una banda di turbolenti ragazzini  che “giocano” a farsi la guerra. Per il loro bene!

Busto e il disagio giovanile: un problema di educazione

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