L’Italia del pallone per ritornare al Paese della socialità

bottini mancini paese socialità

di Gian Franco Bottini

Fortunatamente i campionati europei di calcio sono iniziati e se tutto andrà bene il buon Mancini farà il Draghi della situazione, sedando molte delle numerose tensioni del Paese, cosa che è sempre riuscita quando l’Italia del pallone dà soddisfazioni. Ce l’ha fatta la pandemia a creare qualche isolato episodio di solidarietà nazionale ma, se l’Italia del pallone farà bene, state certi che gli episodi si moltiplicheranno e che il contributo tranquillizzante ed aggregativo si farà sentire (ovviamente fino alla prima sconfitta!). Se la rete degli avversari si gonfierà, oltre agli immancabili mortaretti e “poromponpon”, sbucheranno anche le bandiere nazionali e fors’anche l’inno a squarciagola (magari anche in versione “rap”).

Passano i secoli, ma il “panem et circenses” è sempre una ricetta attuale per placare i borborismi nella pancia della gente. Ieri con un po’ di farina, oggi con gli “80 euro” e il “reddito di cittadinanza”. Ieri i gladiatori nel circo, oggi lo sport e i suoi eroi.

Non dimentichiamo che la leggenda narra che una guerra civile fu evitata, poco più che cinquant’anni fa, dalle vittorie di Bartali in terra di Francia riportandoci ad essere tutti italiani di fronte ai “francesi che si incazzano” o, più recentemente, l’orgoglio nazionale è straboccato dopo la testata affibbiata all’”incolpevole” Materazzi da un francese “fuori di testa”.

bottini mancini paese socialità
Gian Franco Bottini

Ci siamo un po’ dilungati su queste amenità perché, in questo momento di rincorsa alla normalizzazione, si sente un gran bisogno di socialità. Una socialità che sembra ben difficile da valorizzare per la contestuale presenza di una altrettanto accesa esigenza di scontro, più che di confronto; quello scontro da tifoseria sportiva che trasforma un dignitoso professionista della settimana in un quasi teppista da curva nord, della domenica. E non ci riferiamo certo a quella, seppur preoccupante, abitudine dei ragazzini sempre più desiderosi di cambiarsi i connotati in vista della loro prima carta di identità, ma quella, più verbale, fra adulti dai quali si potrebbe pretendere una maggior riflessione, nel rispetto delle altrui opinioni anche se non condivise.

Ci riferiamo soprattutto al confronto su quei temi che non si bruciano nel giro di una notte ma che possono avere una influenza su molti decenni e molte generazioni a venire, e che si ha l’impressione vengano affrontati non per cogliere delle idee che possano anche mutare le originali opinioni, ma con l’atteggiamento della ricerca di una “liberatoria” rissa da “squadra del cuore”. Comprendiamo che certi temi di livello nazionale possano essere facilmente soggetti a tale atteggiamento, perché molto influenzati dalle comparsate televisive dei vari leader, per i quali simpatia o antipatia, abilità dialettica fluente, appartenenza politica e storie personali possono più facilmente influenzare il nostro giudizio.

Meno giustificabile invece quando ciò avviene su temi locali che influiscono sulla quotidianità attuale e futura delle nostre comunità. Per esemplificare, senza ovviamente esaurire l’argomento, dalle nostre parti potremmo riferirci al problema dei rifiuti (Accam e le sue vicende!) o a quello della sanità (Nuovo Ospedale e vicende legate al covid).

In ambedue i casi citati si ha la netta sensazione che oramai ci si schiera pro o contro “a prescindere” e per ragioni del tutto avulse dal reale problema. Personalismi, antipatie, speculazioni elettorali, campanilismi, protagonismo; tutti sentimenti che fanno perdere l’obbiettività richiesta dalla grande importanza dei temi sul tappeto. Chi segue le vicende può capire a cosa ci riferiamo ma soprattutto condividerà la necessità che sul tavolo finiscano, soprattutto da parte degli scettici, più verificate argomentazioni che non i soliti slogan che dopo anni sono oramai inascoltati ritornelli.

Nelle discussioni sui due citati temi spesso compare (e quando sembra scomparire resta comunque sullo sfondo!) quell’amore per il proprio “campanile”, che rappresenta sicuramente una grande ricchezza italiana ma anche un grande freno per una visione dei problemi che sia più attuale rispetto a quella che qualcuno oggi definisce “paesana”. Lo vediamo nei discorsi fra Busto e Gallarate per quanto riguarda il nuovo ospedale; lo vediamo anche fra Busto e Legnano per quanto riguarda tutte le vicende di Accam.

Se l’auspicato “ritorno alla socialità” lo vogliamo intendere non solo come il ritorno alla agognata “pizzata” in compagnia ma anche come la ripresa di una più produttiva e democratica convivenza, forse l’Italia del pallone potrà dare una mano ma non risolverà certo il problema. Occorre soprattutto molta della nostra buona volontà nello stemperare le sottovalutate tensioni, che i molti mesi di isolante pandemia hanno lasciato in ognuno di noi.

bottini mancini paese socialità – MALPENSA24