di Gian Franco Bottini
In queste ultime settimane la nostra provincia è finita nel tritacarne del “giornalismo d’inchiesta” di Report per quello che qualcuno ha definito uno “sputtanamento” di livello nazionale, che si è poi trasformato in un ancor più galattico “ cazzeggio di prima serata” , dopo che Maurizio Crozza l’ha fatto oggetto delle sue grevi ma azzeccate attenzioni.
Roba da restar mortificati anche se, a ben pensarci, il buon Crozza, ridicolizzando alcuni personaggi, fatti, affermazioni e atteggiamenti contenuti nel servizio di Report, ha riportato le cose in dimensioni, a nostro parere, un po’ più corrette rispetto a certe evidenti “sovrastime” fatte dal giornalista. Questo naturalmente senza voler dare un giudizio su fatti, persone e responsabilità e senza che si venga tacciati di voler minimizzare situazioni a dir poco imbarazzanti.
Noi siamo naturalmente per il giornalismo d’inchiesta, ma nelle puntate del servizio di Report ci è sembrato si sia un po’ scivolati verso il “giornalismo spettacolo”, cercando di fornire una trama a tutto il racconto, esasperando dei consenzienti protagonismi e forzando dei collegamenti fra eventi che, a nostro parere, spesso nulla hanno a che fare fra loro. Fatti ed episodi, tutti rilevanti e potenzialmente gravi, sono entrati forzosamente in un’unica trama che, appetibilissima per il pubblico televisivo, spesso si allontana dalla realtà, rischiando di sminuire la rilevanza di tutto il servizio stesso.
Cercare, per esempio, di inserire artatamente in un’unica storia, dei fatti relativi ad “alti Prelati” della Lega connettendoli in qualche maniera con altri fatti di più banale malaffare politico locale, rischia di sminuire la gravità dei primi che, quand’anche non fosse riscontrata la loro rilevanza giudiziaria, hanno sicuramente una loro grande rilevanza dal punto di vista dell’etica. Pur con queste osservazioni critiche, non si può sicuramente negare che il servizio di Report abbia scoperchiato il bugliolo di alcune responsabilità personali, ammesse o presunte.
E’ sorprendente però che nella trama del racconto, al di là dell’evidente obbiettivo primario di metter nel mirino importanti esponenti della Lega, non si sia fatta alcuna analisi sulle tante responsabilità politiche insite in tutto quel separato “sistema” corruttivo descritto, a capo del quale, per sua stessa ammissione, imperava quel “Nino” che, per il suo “prestigio”, si era conquistato l’epiteto di “mullah”e che, sbucato dal nulla e presente ovunque “ come il prezzemolo”, aveva fatto esclamare ad un sorpreso magistrato inquirente: “Ma chi è questo Nino?”(un tormentone molto ben utilizzato da Crozza nelle sue gag)
Pare che Report non abbia colto che il “Nino” poteva sostenere il suddetto illecito “sistema” in virtù del prestigio, vero o millantato, provenientegli da una collaterale funzione di play maker politico che lui lecitamente esercitava, in virtù della credibilità che gli veniva consentita da chi dovrebbe ora essere chiamato almeno ad assumersene le responsabilità politiche. E’ vero che il suo potere non era certo dell’ampiezza forzosamente dilatata da Report e giustamente ironizzata da Crozza ,ma sicuramente lo era nella nostra provincia e qualcosa di più.
In tutto il corso del servizio di Report non una volta è stato citato il partito in rappresentanza del cui simbolo “il Nino” svolgeva la sua attività politica e questa sarebbe una cosa curiosa se non fosse la testimonianza dell’abilità del personaggio nel sapersi muovere da indipendente “professionista” nell’arte della mediazione e del “do ut des”. La stessa abilità che probabilmente, per quasi un decennio, ha fatto “girare la testa dall’altra parte ” ai successivi responsabili provinciali e regionali di quel partito, che hanno consentito “in comodato d’uso” l’utilizzo del proprio simbolo proprio a qualcuno che, pur abile portatore di consensi e di accordi, era stato dal quel partito stesso da tempo estromesso. Come dire: giocava con la maglia dell’Inter pur essendo squalificato a vita. Ma nessuno di loro si farà vivo a prendersi delle responsabilità; un po’ perché qualcuno ha i propri guai ai quali pensare e un po’ perché, come sempre succede, quando la nave affonda toponi e topini l’abbandonano.
Ma la storia non finisce sicuramente qui. Come in tutte le storie televisive, solo pochi minuti di interruzione e un invito… ”a tra poco”.