Detenuto in carcere a Busto aggredisce la polizia penitenziaria: «Vogliamo i taser»

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BUSTO ARSIZIO – È di ieri, martedì 25 febbraio, la notizia di un’aggressione subita da alcuni agenti e un sovrintendente di polizia penitenziaria in servizio in carcere a Busto Arsizio, ad opera di un detenuto magrebino, durante una normale attività di servizio, peraltro a tutela degli stessi detenuti. A renderlo noto è Sinibaldo Diurno, segretario provinciale dell’ Uspp (Unione Sindacati Polizia Penitenziaria) di Varese, che racconta così l’episodio: «Avuta notizia del rischio di allagamento di una sezione a causa di guasti all’impianto idrico, il personale ha giustamente invitato alcuni detenuti a lasciare momentaneamente la propria camera, per poter pianificare i necessari lavori di ristrutturazione».

Minacce e botte alla polizia penitenziaria

«Uno dei detenuti non ha voluto sentir ragioni e ha risposto all’invito con fare di sfida, sbeffeggiando ogni opera di persuasione del personale – prosegue Diurno – Dopo vari tentativi, proprio nell’interesse di tutelare la sua salute e quella degli altri compagni, il personale ha provato a condurlo in un’altra sezione. A quel punto l’uomo ha iniziato a colpire gli agenti con calci e pugni, riuscendo purtroppo nell’intento. Non solo. Parrebbe che abbia lanciato anche pesanti minacce di morte contro i poliziotti e il sovrintendente intervenuti». Per fortuna, ancora una volta hanno prevalso professionalità e capacità operativa del personale. «A loro va il nostro plauso -dice il segretario provinciale dell’ Uspp – Il detenuto è stato bloccato evitando il protrarsi delle violenze. Alcuni degli agenti intervenuti “portano a casa” 7 giorni di prognosi».

Un silenzio che sconcerta

Sull’episodio interviene anche il segretario regionale dell’Ussp, Gian Luigi Madonia, che prende posizione rispetto al fenomeno delle aggressioni all’interno delle strutture penitenziarie: «Ormai non fanno più notizia ed anche le più importanti e rinomate agenzie di informazione ritengono che quello che accade sia assolutamente normale. Intanto, all’interno dei reparti e delle sezioni, gli eventi critici aumentano a dismisura. L’informazione dei media, quelli seri, dovrebbe essere fedele alla realtà dei fatti. La notizia non dovrebbe essere filtrata o selezionata. Non mi spiego questo silenzio della stampa e delle Tv su un fenomeno che ormai ha una escalation davvero preoccupante. Siamo abituati ai silenzi e all’impotenza della politica e di chi dovrebbe tutelare la salute e l’immagine della polizia penitenziaria. E’ il silenzio di tutti gli altri che mi sconcerta. I fatti di Busto Arsizio si aggiungono ai tantissimi altri episodi all’interno delle carceri italiane. Nessun garante, nessuna associazione e nessuna autorità interviene. Sono sicuro che se qualche agente si dovesse permettere di alzare appena il volume della voce nei confronti di qualche detenuto o di invitarlo a lavarsi, giusto per dare un senso a quelle regole previste dalle norme, chissà quanti garanti e difensori si precipiterebbero a scrivere e denunciare quel poliziotto. Per abuso, tortura o altro».

Servono i Taser

Chiude con richiami alle responsabilità, il sindacalista: «Il sistema attuale di gestione della detenzione è troppo sbilanciato e la polizia penitenziaria non ha tutele da parte della politica, troppo orientata ad ascoltare tutte le posizioni e poco o nulla quella dei poliziotti. Ecco perché il sindacato prosegue nella sua azione di informazione. Nessuno ci imbavaglia e non siamo assoggettati da nessun tipo di politica. Anzi abbiamo già annunciato di essere pronti alla protesta, proprio per rivendicare condizioni di lavoro più tutelate e sicure. L’Uspp, in più occasioni ha chiesto di dotare la polizia penitenziaria di Taser, proprio per difendersi dalle aggressioni, ma i politici sono sordi ed insensibili. Quegli stessi politici che dovrebbero rispondere in proprio per tutto ciò che sta accadendo all’interno degli istituti. Però, dove un sistema è incapace di attribuire responsabilità politiche, per questo fallimento delle istituzioni all’interno dei penitenziari, i fatti delineano chiare ed inconfutabili responsabilità morali».

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