Busto, il “caso carcere” arriva al ministro. L’intervento di Tovaglieri e Candiani

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BUSTO ARSIZIO – Il caso “carcere di Busto Arsizio” finirà all’attenzione del ministro alla Giustizia Marta Cartabia e del sottosegretario Francesco Paolo Sisto. Oggi, venerdì 10 settembre, il senatore Stefano Candiani (Lega) e l’europarlamentare Isabella Tovaglieri (Lega) hanno visitato la struttura di via per Cassano su invito di alcuni sindacalisti Uilpa. La necessità di questa visita è sintetizzata da due fatti avvenuti in rapida successione negli ultimi giorni. L’incendio appiccato in una cella da un detenuto, con due agenti della polizia penitenziaria rimasti intossicati mentre riuscivano a mettere in sicurezza sia il detenuto in questione che il resto della struttura. E l’aggressione sempre ai danni di agenti della polizia penitenziaria da parte di un altro recluso che ha finto un malore per guadagnare l’infermeria e mettere in atto il comportamento violento in danno dell’agente.

Carenza di organico

«C’è un evidente carenza di organico a livello di polizia penitenziaria – commenta Candiani al termine della visita alla quale erano presenti il direttore Orazio Sorrentini e il comandante della Polpen di Busto Rossella Panaro – Che sommato al sovraffollamento che si registra nella casa circondariale bustocca raddoppia un problema già di sé grave». L’impegno, dunque, è in prima battuta quello di «Portare all’attenzione di ministro e sottosegretario la situazione di Busto Arsizio – spiega Candiani – Perché ci sono sicuramente problematiche di carattere nazionale ma ce ne sono altrettante locali che devono essere affrontate. Non è pensabile che un numero esiguo di agenti possa operare al meglio a fronte di 400 detenuti».

Detenuti con problemi psichici

«Ci attiveremo – aggiunge Tovaglieri che, come Candiani, ha già visitato in passato la struttura bustocca – affinché le fila dell’organico vengano rimpinguate». L’europarlamentare, quindi, arriva al cuore del problema aggressioni. «Un numero considerevole dei detenuti nella nostra casa circondariale ha problemi psichici – spiega, raccogliendo un tema già indicato dal direttore Sorrentini che aveva in tal senso elogiato la grande professionalità degli agenti della Penitenziaria – Un carcere non è la struttura adatta dove detenerli. Non è compito degli agenti della polizia penitenziaria gestire queste situazioni. Anche perché questa presenza così importante pregiudica anche l’attività dell’area rieducativa già molto fragile. Questa commistione è dannosa anche per i detenuti stessi». Le strutture indicate per questo tipo di situazioni sono le Rems (residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza) che però non sembrano funzionare in modo adeguato. Per contro, così come aveva sottolineato il direttore della casa circondariale di via per Cassano, «Non abbiamo un numero sufficiente di psicologi o infermieri per poter gestire queste problematiche».

Penalizzata la finalità rieducativa

«E’ evidente che se le strutture sanitarie non sono pronte ad accogliere questi reclusi e il carcere non è il luogo idoneo per loro una situazione deve essere trovata – aggiunge Tovaglieri – Altrimenti viene vanificata la finalità della pena che in Italia è rieducativa. I detenuti torneranno a fine pena a vivere la normale socialità: non possiamo pensare di registrare dei cambiamenti se non diamo tutti gli strumenti necessari affinché questi avvengano». Candiani parla anche «Carenze strutturali che devono essere sanate. Ad esempio ci sono ancora importanti infiltrazioni d’acqua sia dal tetto del carcere che da quello degli accasermamenti della polizia penitenziaria. Occorre intervenire anche a livello strutturale». Ai quali si aggiunge «La necessità di formare adeguatamente il personale. Il Covid ha cambiato la situazione anche in carcere. Faccio un esempio: sono cessate le visite in presenza dei famigliari ai detenuti. O le traduzioni nei tribunali. Tutto doveva essere fatto online. Ma non si può prendere che un autista, formato per fare l’autista, dall’oggi al domani si trasformi in un tecnico informatico. Dobbiamo dare agli agenti della polizia penitenziaria tutti gli strumenti per svolgere nelle migliori condizioni il loro lavoro».

Formazione e interventi strutturali

E da Tovaglieri arriva l’impegno a coinvolgere anche il Comune di Busto Arsizio. «Ci è stata segnalata la necessità di ampliare degli spazi dedicati allo svago non solo dei reclusi ma anche della polizia penitenziaria. In quest’ottica il Comune potrebbe essere coinvolto. Così come potrebbero esserlo i detenuti. Un detenuto non deve trovarsi nella condizione di fissare per un intera giornata la branda del compagno di cella. L’attività è fondamentale. Ma al momento solo un numero ridotto di reclusi vi ha accesso. Potrebbero dunque essere coinvolti in questi lavoro di ampliamento di spazi che andrebbero poi ad utilizzare anche loro». Tovaglieri e Candiani torneranno a dicembre per verificare la situazione.

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