Busto, finti matrimoni per ottenere la cittadinanza: pioggia di condanne

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BUSTO ARSIZIO – Droga e finti matrimoni per far ottenere la cittadinanza a immigrati irregolari. L’operazione Wedding Planner, coordinata dal sostituto procuratore di Busto Francesca Parola e condotta dai carabinieri della compagnia bustese, s’è chiusa oggi, 14 febbraio, con una pioggia di condanne e di multe. San Valentino, quest’anno, a Busto sancisce il costo del falso amore: 37 mila euro se favoreggi l’immigrazione clandestina con delle finte unione.

I finti matrimoni costavano dagli 8 mila ai 12 mila euro

Le condanne vanno dai 7 anni e 7 mesi comminati al boss, un marocchino di 44 anni, all’anno e 4 mesi di carcere con 10 mila euro di multa per le 17 spose e il solo sposo che si sono prestati alla farsa, sino agli 8 mesi di carcere con multa da 10 mila euro per i testimoni a quanto pare assolutamente consapevoli della falsità di tutta l’operazione. Il collegio presieduto dal giudice Rossella Ferrazzi avrebbe dovuto pronunciarsi alle 16.30 di oggi. Tuttavia, l’alto numero degli imputati, ha costretto i giudici alla lettura del dispositivo poco prima delle 18.30. L’operazione Wedding Planner era stata portata a termine nel 2015. Si è partiti da un sequestro di droga per arrivare a scoperchiare un vero e proprio giro di matrimoni fasulli tra Busto Arsizio, Ferno e Lonate, ma anche oltre il confine regionale a Torino e Vercelli. Il boss marocchino residente a Busto era in contante contatto con i due fratelli rimasti in Marocco. Un ponte che portava in Italia non soltanto hashish, ma anche connazionali bisognosi della cittadinanza. Il boss, a questo punto, reclutava, con costi che andavano dagli 8 mila ai 12 mila euro, spose e almeno uno sposo compiacenti. I finti coniugi venivano reclutati tra i tossicodipendenti che si rifornivano di droga dalla banda. C’era anche un avvocato già pronto a far partire le pratiche per la separazione 40 giorni dopo la celebrazione dell’unione. Sono in tutto 33 le nozze finite sotto inchiesta, mentre 23 erano gli indagati all’inizio delle indagini. Oggi è arrivata la sentenza di primo grado.

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