Busto, mazzette in carcere. Il direttore: «Robusti anticorpi». Caccia alla complice

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BUSTO ARSIZIO – «Se tutte le accuse saranno confermate a processo, avremo dimostrato di avere dei robusti anticorpi». Da garantista cita il principio di innocenza e richiama la Costituzione il direttore del carcere di Busto Arsizio Orazio Sorrentini dopo una giornata, quella di ieri, lunedì 14 dicembre, trascorsa a guardare in faccia l’accaduto. Ma parla anche di «Robusti anticorpi».

L’indagine partita dalla polizia penitenziaria

Quelli che l’amministrazione penitenziaria ha mostrato di avere contro presunti illeciti interni. Ieri è stato arrestato l’assistente capo della polizia penitenziaria Dino Lo Presti. Accuse pesanti quelle mosse dal procuratore di Busto Arsizio Giuseppe D’Amico, che ha coordinato le indagini portate avanti dalla guardia di finanza di Varese, nei confronti dell’agente: corruzione, abuso d’ufficio, rivelazione di segreto d’ufficio (avrebbe informato un detenuto del suo prossimo trasferimento nel carcere di Rovigo gettando, potenzialmente, le basi per un piano di evasione). Mazzette da 3mila euro “a botta” per far ottenere permessi premio a detenuti colpiti da sanzioni disciplinari, ad esempio. Ma anche presunti “affari” di armi con pregiudicati.

Assoluta trasparenza

«Sottolineo – dice Sorrentini tornando ai robusti anticorpi – Che l’informativa che ha dato il via alle indagini è partita da noi». Fu la penitenziaria a trovare nel 2019 quei cellulari “abusivi” nelle celle di alcuni detenuti che hanno poi messo gli inquirenti sulla strada di Lo Presti. Ieri al tavolo di chi ha avuto parte più che attiva nell’inchiesta sedeva il commissario capo Rossella Panaro, comandante della PolPen del carcere di Busto Arsizio che ha sottolineato l’immediata reazione del corpo oltre «All’amarezza e alla delusione per l’accaduto». La procura di Busto Arsizio ha elogiato la collaborazione della polizia penitenziaria all’operazione parlando di estrema trasparenza: «Trasparenza, sì – dice Sorrentini – Non abbiamo nascosto nemmeno un granello di polvere sotto il tappeto. Siamo garantisti, ma le accuse sono di estrema gravità e sono mosse da un magistrato di provata esperienza e competenza come il procuratore D’Amico. Come ho detto, se tutto sarà confermato, abbiamo mostrato di avere robusti anticorpi nei confronti di situazioni di questo genere». Sorrentini precisa che l’inchiesta è stata condotta con serietà e segretezza tale «Che la stessa amministrazione carceraria non era al corrente della proroga di indagine, né degli imminenti arresti».

Potrebbe restare in silenzio davanti al gip

Lo Presti, assistito dall’avvocato Francesca Cramis, comparirà davanti al gip Tiziana Landoni, che ha firmato l’ordinanza di custodia in carcere a suo carico, nelle prossime ore. Stando a indiscrezioni potrebbe in questa fase avvalersi della facoltà di non rispondere: una scelta intelligente in un momento in cui tutte le carte devono ancora essere approfondite e studiate. Lo stesso Lo Presti potrebbe anche chiedere, per ragioni di salute, un’attenuazione della misura.

Caccia all’educatrice complice

La posizione di Lo Presti è piuttosto delicata. A suo carico ci sono parecchie intercettazioni compromettenti. Le pareti spesse del carcere non consentiva di “sentire” in modo eloquente, così gli inquirenti sono passati dal telefono del commissario capo con un Troian. Lo Presti è stato sentito parlare di “regalini” per favorire alcuni detenuti. Regalini che potevano consistere in 3mila euro oppure in una nuova lavatrice. E sullo sfondo resta la presunta complice. Una delle educatrici che lavoravano nel carcere che gli inquirenti non sono ancora riusciti a identificare: «Se vuole andare a Bollate io non ho problemi, chiamo alla tipa e ti faccio fare una bella relazione… c’è da sponsorizzare la persona quella là», diceva infatti Lo Presti al telefono.

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