BUSTO ARSIZIO – Nel 2017 il matrimonio che lei credeva una promessa d’amore. Poi il marito si trasforma nel peggior incubo e la casa per lei (come accade per una donna su tre. Le vittime di femminicidio sono state 104 in Italia nel 2022 ndr) non è più un luogo sicuro. Le botte e le vessazioni che lasciano cicatrici visibili (sul corpo) e nascoste agli occhi ma presentissime. E’ costretta a difendere se stessa e il figlio piccolo questa insegnante di sostegno, origini calabresi e vita nel basso varesotto, che adesso si ritrova a processo.
Lui condannato, lei a processo
Pare lo scherzo di un destino perfido ma ieri, giovedì 24 novembre, vigilia della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, sul banco degli imputati c’era lei. L’accusa? Maltrattamenti. Nei confronti del marito che la picchiava. Lo stesso uomo che lei ha trovato il coraggio di denunciare. E’ andata avanti sino ad ottenere la condanna del “compagno” che la vessava. Condanna in primo grado che lui non ha trovato gli argomenti per appellare davanti ai giudici del Tribunale di Milano. E’ una forza sovrumana quella che la porta a vincere. A vedere riconosciuti da un Tribunale il diritto di vivere senza avere un mostro accanto.
Testa alta
E’ finita? No. Perché ieri davanti ai giudici del Tribunale di Busto Arsizio c’era lei. Accusata di aver maltrattato il marito. Lo stesso già condannato per le violenze inferte all’ex compagna. Il motivo? Stando a quanto ricostruito dalla difesa l’uomo l’aveva contro denunciata per convincerla a ritirare le accuse. Lei non ha ceduto ed è andata sino in fondo. E ha vinto. La procura ha chiesto l’archiviazione per quanto sostenuto dall’uomo. Lui si oppone e un Gip del Tribunale di Busto la manda a processo. E ieri lei stava con la testa alta e la schiena dritta assistita dall’avvocato Cristina Torretta. Testa alta e schiena dritta. Come è giusto che fosse.