Il silenzio, le lacrime e poi gli applausi: la piazza di Varese saluta Maroni. L’omaggio della Lega

VARESE – Silenzio. Piazza del podestà a Varese ascolta in silenzio. Solo uno scrosciante applauso riporta improvvisamente alla triste realtà tutte le persone che si sono date appuntamento sotto il maxi-schermo, che trasmette in tempo reale le immagini dell’ultimo saluto a Roberto Maroni. I funerali di Stato dell’ex ministro si stanno svolgendo nella basilica di San Vittore, che può ospitare solo i vertici del governo, politici di spicco e i famigliari. Quelli naturali, si intende. Perché anche tutti gli altri, fuori, si sentono tali. È la gente che ammirava Bobo e il suo essere «così semplice», confessa una donna in lacrime. È la gente che lo sta salutando all’ombra del Garibaldino.

La piazza piange Maroni

In mezzo alla folla, spiccano macchie di quel verde acceso che subito rimanda alla Lega Nord. Chi indossa una mascherina colorata, chi un maglione, chi un foulard con il “Sole delle Alpi”, il simbolo più rappresentativo della Padania e del partito. Ma anche sciarpe e bandiere: tutti rendono omaggio a Maroni. In un modo o nell’altro, «lo conoscevamo tutti». Anche chi è arrivato da fuori Varese per assistere al rito funebre. Ad accomunarli, gli occhi rossi e un singhiozzare costante che vale più di molte parole. Anche perché, ora, c’è poco da dire. Sono i gesti a parlare, i sorrisi amari e rassegnati di coloro che si trovano ad ammettere che «ne hai passate tante Bobo, ora fai buon viaggio». Adesso è il momento dei ricordi che riemergono e dei tratti distintivi dell’ex ministro. Come i suoi iconici occhiali rossi, che oggi in molti sembrano indossare mentre gli occhi gonfi, di tanto in tanto, si concedono una lacrima.

«Ciao, Bobo»

«Ciao, Bobo». La gente lo ripete come un mantra, come se volessero esorcizzare la perdita. O comunque attutire il dolore. Sopra il Garibaldino, dalla sede varesina della Lega, uno striscione ringrazia Maroni.

varese funerali roberto maroni

Al suo interno, invece, per una mattina hanno messo da parte i confronti e le discussioni politiche, per unirsi al silenzio della piazza su cui si affacciano i militanti per seguire l’omelia. Anche qui, dove solitamente il vociare dei leghisti anima le stanze del quartier generale, l’aria è tesa. E anzi, i padroni di casa accolgono più per gentilezza che per piacere di avere un ospite. Oggi va così, è un giorno diverso dagli altri. Poi arriva il discorso del figlio Filippo: «Papà, il tuo amore ci è arrivato tutto». Ed è lì che parte l’applauso, crescendo. Fino a quando tutto finisce nello stesso modo in cui è cominciato. Semplice ed efficace: «Ciao, Bobo».

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