Busto, se la Lega sembra la Democrazia cristiana

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Una massima molto citata e attribuita a Mao diceva “grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente”. Per descrivere il contesto politico di Busto Arsizio potremmo fermarci qui, senza aggiungere altro. Ma faremmo un torto al sindaco Emanuele Antonelli, che peraltro non ci risulta essere un estimatore del “grande timoniere”, se non gli ricordassimo che l’eccellenza della situazione bustocca è un pericolo soprattutto per lui, sindaco obbligato a destreggiarsi nel bailamme di sigle vecchie e nuove, alcune addirittura virtuali, che si contrappongono per conquistare o conservare il potere a Palazzo Gilardoni.

Siccome di “grandi timonieri”non se ne intravvedono più, né a destra né a manca, tanto meno a Busto Arsizio, il rischio è che si vada verso il si salvi chi può. A cominciare da lui, il primo cittadino, incapace di salvarsi da se stesso, almeno fino a prova contraria, bisognoso di qualcuno che gli lanci un salvagente. In un tale contesto la soluzione sarebbe una sola: tutti a casa e, subito, appena possibile, di nuovo la parola ai cittadini. Non accadrà, perché Antonelli sprizza rivalsa da tutti i pori (“Ve la faccio vedere io”), va inutilmente alla conta mentre i partiti, Lega in cima alla lista, compresi i singoli senza bandiera che si agitano in consiglio comunale, non mostrano l’intenzione di azzerare una situazione a dir poco imbarazzante: mica si può perdere il posto, con l’eventualità di non riaverlo più.

Come se ne esce? A costo di essere sfanculati per l’ennesima volta dal sindaco e dal suo cerchietto magico, l’onere di tenere in piedi la baracca spetterebbe alla Lega, che ha stravinto le elezioni e ha già messo una zeppa sul secondo mandato di Antonelli: bene che vada, tra due anni non lo vorra’ più. Ragion per cui dovrebbe prendere in mano la cloche e indicare la linea, piaccia o no a una maggioranza consiliare che ha perso lucidità. Dopo i rovesci giudiziari, Forza Italia conta per quello che conta, gli altri del centrodestra viaggiano in ordine sparso e, tranquilli, non si metterebbero mai di traverso con il rischio di fare fagotto; Antonelli, a meno che in uno scatto di dignità politica mandi tutti a quel paese (eufemismo), sarebbe costretto a limitare la sua sicumera (politica) e a far buon viso a cattiva sorte, così che ne scaturisca una pace armata indotta dal partito più forte della coalizione.

Ma la Lega di Busto sembra oggi una pappamolle timorosa della propria ombra, irriconoscibile rispetto al passato. Dall’alto riceve messaggi di estrema moderazione (“Antonelli non si tocca” ipse dixit Matteo Bianchi) e non si comprende a quale fine, se non per il fatto che la candidatura del sindaco di Busto, poi diventato anche presidente della Provincia, è passata attraverso accordi trasversali decisi all’House Garden di Gallarate, quartiere generale di “Belzebù” oggi incarcerato, a cui hanno preso parte anche i maggiorenti locali del Carroccio. Ma forse è una supposizione maligna, da Novella 2000, per dirla con il nostro amico Emanuele Antonelli.

Sia come sia, a fronte del traccheggio che attorno a tutto ciò esprime l’opposizione piddina (il fatto che l’uomo di punta del Pd, Valerio Mariani, sia presidente del consiglio comunale è una iattura per l’azione interdittiva dei dem); sia come sia, dicevamo, il Comune naviga al buio, senza certezze vere, alla mercé delle ubbie di questo o quell’altro esponente politico, con una Lega che invece del carattere che le compete, sembra muoversi come si muoveva la Democrazia cristiana, imbattibile nell’arte di mimetizzarsi per non pagare dazio e tirare in là. Nel frattempo, la città non cresce.

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