Carabinieri infedeli: uno ebbe contatti col mandante dell’omicidio Mendola

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BUSTO ARSIZIO – «Gli accertamenti delegati dalla procura di Busto Arsizio ai carabinieri della locale Compagnia, hanno consentito effettivamente di appurare come alcuni militari in servizio presso il citato Reparto avessero contatti con esponenti della criminalità gelese operante sul territorio. In particolare, è emerso che uno di questi, poi deceduto per cause naturali, svolgeva lavori di varia natura per conto dei gelesi», così recita il comunicato ufficiale diffuso dalla procura di largo Giardino in relazione ai due militari (tre se si conta il carabiniere deceduto) per i quali è già stato chiesto il rinvio a giudizio da parte dell’autorità giudiziaria. Una vicenda che ha suscitato comprensibile scalpore in tutto il Bustese, finita sui giornali e nei Tg nazionali.

«Nessun coinvolgimento con i gelesi o i Savoia»

«Non c’è traccia nel capo di imputazione di rapporti tra i miei assistiti e la criminalità gelese. Questo deve essere precisato, perché l’accusa è gravissima e non è oggetto delle imputazioni mosse ai miei assistiti. Sempre nello stesso capo di imputazione non vi è alcun riferimento a rapporti con casa Savoia, del tutto estranea, evidentemente alla vicenda». Giorgio Santino Slongo, legale dei due carabinieri, che il 9 maggio saranno davanti al gup di Busto Arsizio in sede di udienza preliminare, precisa la posizione dei propri assistiti. Fin qui l’avvocato, benché uno dei militari indagati compaia in un filmato, in possesso di Malpensa24, in occasione della visita del principe Emanuele Filiberto, il 17 novembre scorso a Busto Arsizio. L’uomo ha un auricolare e sembra, così come indicato da fonti ufficiali, fungere da body guard al principe. Se fosse vero, a quale titolo?

Questi i capi di imputazione

Tuttavia è emerso dalle indagini che uno dei tre militari indagati, deceduto nel novembre 2017, manteneva rapporti con Giuseppe Gauchi, ritenuto dagli inquirenti il mandante dell’omicidio di Matteo Mendola, 33 anni, bustese di origine gelese, ucciso nell’aprile 2017 a Pombia. Da quell’omicidio è partita tutta l’inchiesta che ha portato oggi a una doppia richiesta di rinvio a giudizio per i due indagati: quella depositata dalla procura di Busto e quella depositata dalla procura di Milano. L’avvocato Slongo fa riferimento al capo di imputazione. I due militari sono di fatto indagati per falsità ideologica, truffa ai danni dello Stato e violata consegna (un reato militare trasmesso per competenza alla Procura Ordinaria).  La Procura di Milano, a cui un secondo fascicolo è arrivato per competenza, li ha indagati anche per accesso abusivo in banca dati. Secondo quanto emerso – le indagini svolte dai colleghi dei militari sono state coordinate dal Pm Rosaria Stagnaro – un brigadiere capo, l’ex comandante del Nucleo Radiomobile di Busto Arsizio e un appuntato (deceduto), avrebbero finto di svolgere servizi di controllo falsificando i verbali con nomi di fantasia per svolgere diverse attività durante il servizio.

Oltre 300 pagine che potrebbero arrivare in udienza preliminare

Non solo, nel fascicolo di inchiesta emergono anche false malattie (uno degli indagati avrebbe postato foto mentre eseguiva immersioni all’Isola D’Elba durante un periodo di malattia di 60 giorni), falsificazioni di ordini di servizio, divulgazione di immagini non autorizzata, utilizzo privato della vettura di servizio e secondi lavori. Il gup deciderà se rinviare a giudizio i due indagati (non è noto se il difensore chiederà in quel caso il rito abbreviato o meno) oppure sentenziare per il non luogo a procedere. Esisterebbe inoltre un’informativa di oltre 300 pagine in possesso della procura, che in sede di udienza preliminare diventerà pubblica e che potrebbe aprire nuove scenari qualora si arrivasse in sede processuale.

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