Il figlio di Laura Prati: «Sei anni di calvario ma ora abbiamo avuto giustizia»

cardano omicidio prati

CARDANO AL CAMPO – E’ finita. Con la decisione di ieri, che rigettava il ricorso dei difensori di Giuseppe Pegoraro per il riconoscimento delle attenuanti generiche, la Corte di Cassazione ha messo la parola fine a una vicenda «Dolorosissima». L’ergastolo all’ex vice comandante della polizia locale di Cardano al Campo reo di aver assassinato il sindaco Laura Prati e di aver tentato di uccidere il vice sindaco di Cardano Costantino Aimetti non sarà più messo in discussione. «Per noi – spiega Massimo Poliseno, il figlio di Laura Prati – E’ la fine di sei anni di tormenti. Sei anni di udienze tra sentenze e ricorsi». E Massimo a tutte quelle udienze è sempre stato presente: «Lo dovevo a mia madre, che ha sempre avuto un rispetto altissimo per la giustizia e per le istituzioni. Ogni volta le ferite si riaprivano. Scarnificate dalle parole degli avvocati che mettevano in dubbio che furono quegli spari ad uccidere mia madre. Che spiegavano come quell’aneurisma pregresso fosse stato la causa del decesso, a prescindere dal fatto che qualcuno era entrato in Comune quel giorno e lucidamente avesse sparato addosso a mia madre e a Costantino per uccidere».

«Siamo stati i campioni di mia madre che non aveva più voce»

La Cassazione ha rigettato anche l’ultimo ricorso: l’ergastolo per Pegoraro non sarà mai più messo in discussione. «Abbiamo avuto giustizia – spiega Massimo – Questo non ci restituisce una madre e una moglie fantastica, ma conforta sapere che il responsabile di tanto dolore è stato punito con una pena adeguata. In questi anni, sentendo gli avvocati parlare mi sono sempre chiesto: se non merita l’ergastolo qualcuno che entra in un municipio sparando all’impazzata, sparando per uccidere, contro due persone, chi dovrebbe essere condannato al fine pena mai? Che cosa una persona dovrebbe fare di più doloroso e pericoloso per essere condannato al massimo della pena? I giudici – continua Poliseno – Hanno valutato i fatti con precisione. Nel dramma, nella tragedia che mi ha portato via mia madre, noi siamo stati fortunati: altre famiglie questa giustizia non sono riuscite ad averla. E io so quanto questo possa far male». Pegoraro non si è mai scusato, mai un cenno di pentimento sincero. «A questa persona, in tutti questi anni, non ho mai pensato – spiega Massimo – La sua sorte mi è sempre rimasta indifferente. Noi volevamo soltanto giustizia. Io credo che lui, ancora oggi, sia convinto di aver agito in modo legittimo». E’ finita. «E’ finita – concorda Massimo – Da quel 22 luglio, dal giorno in cui mia madre è morta, noi siamo ricoperti di ferite. Forse adesso, finalmente, queste ferite si rimargineranno. Resteranno le cicatrici profonde, per sempre. Ma siamo stati capaci di essere i campioni di mia madre che non aveva più voce. E questo è di conforto».

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