Castellanza, l’ex sindaco Frigoli: «Il Pd licenzi i professionisti delle sconfitte»

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CASTELLANZA – Undici anni è durato il suo silenzio politico. Poco più di due lustri a livello temporale e, si potrebbe dire, due o tre ere geologiche in politica. «Anche se nel PD – interviene Livio Frigoli ex sindaco (per due mandati) di Castellanza – tutto è cambiato in peggio. Tranne i professionisti della sconfitta, che sono sempre rimasti in sella, senza mai assumersi le responsabilità delle pesanti debacle subite. Chissà se lo faranno il 26 settembre prossimo, dopo aver incassato l’ennesima disfatta contro un centrodestra battibile e che non è certo il Real Madrid».

Silenzio lunghissimo e lontananza dagli ambienti di partito. La voglia di tornare a parlare è prodromica dell’intenzione di tornare a fare politica attiva?
«In realtà è colpa della Grecia. Ero in vacanza, avevo più tempo per leggere e guardare il teatrino della politica italiana. Tra l’altro in un Paese che dal 2009 in poi è stato massacrato dalla troika europea. E pensare che il PD volesse vincere le elezioni con Calenda e Di Maio mi ha fatto prima ridere e poi incazzare».

Suvvia Frigoli, le sue prese di posizione hanno suscitato sorpresa. Ad ammettere di voler tornare a fare politica non c’è nulla di male, quindi?
«Faccio un lavoro che mi piace e mi prende moltissimo tempo. E poi, ricordo che alle riunioni politiche ero regolarmente in minoranza. Per poi vedere, a distanza di tempo, le mie idee imbracciate – purtroppo malamente – dagli stessi che le avevano inizialmente avversate. Alla fine mi sono stancato, me ne sono andato e non voglio tornare».

Però nel suo attacco ai vertici nazionali del Pd c’è poca “filosofia” e tanta voglia di cambiare. In genere chi invoca in maniera netta e pubblica un cambio così profondo di uomini, contenuti e temi non può limitarsi a un post su facebook. O ci sbagliamo?
«Diciamo che ho messo in piazza la mia delusione e quella di tantissimi altri militanti del Pd che non sono per nulla contenti di come stanno andando le cose. Il fallimento dell’accordo fra Letta e Calenda non è solo il fallimento di un’intesa elettorale. E’ la certificazione definitiva della sconfitta di una strategia politica su cui il PD lavora da almeno dieci anni. Ci sarà qualcuno che pagherà per questo errore?».

Il segretario Enrico Letta?
«E gli altri? I capi corrente? Guerini, Franceschini, Del Rio e Orlando e, forse ne dimentico qualcuno, i veri artefici della svolta a destra del Pd cosa faranno? Sono loro che stanno compilando le liste e con questa legge elettorale, stanno decidendo chi mandare e chi no in parlamento. Se avessero un briciolo di dignità prima si misurerebbero nei collegi uninominali e poi, qualora sconfitti, dovrebbero assumersi le responsabilità della disfatta».

Se così fosse potrebbe significare l’azzeramento o quasi del partito. Per ripartire da chi e su quali temi?
«Le rispondo subito, ma prima vorrei ricordare che Giorgia Meloni è partita dal 5 per cento e che Matteo Renzi dal 40 per cento è caduto in picchiata in un lampo. Questo per dire quanto tutto possa cambiare velocemente. E che l’unica salvezza del Pd è rinnovarsi senza indugio».

Il problema a questo punto e: come?
«Il primo problema è che la destra vincerà le elezioni. Pur non essendo il Real Madrid. E questo, mi auguro, che scateni uno “tsunami” che azzeri la situazione e le cariche. Nel PD ci sono dirigenti che da venti o trent’anni occupano la scena politica. “Con questi dirigenti non vinceremo mai”, disse Nanni Moretti in Piazza Navona il 2 febbraio 2001. Io in quella piazza c’ero e avevo esultato. Purtroppo però molti dei dirigenti di cui parlava Moretti saranno ancora in lista quest’anno. E chi in quella piazza non c’era ha già superato di gran lunga i suoi “maestri”».

Insomma, basta con l’attuale dirigenza, niente tecnocrati significa: niente Draghi, niente Cottarelli, e, guardando all’Europa, niente Macron come punto di riferimento politico. Scusi, detto fuori dai denti: la ricostruzione da chi dovrebbe partire?
«Il cambiamento vero può partire solo dal basso, dalla società civile, da un appello di personalità forti, credibili e soprattutto disinteressate alla carriera politica come Bersani, Cacciari, Zagrebelsky o Barbara Spinelli».

Ci consenta l’ironia, non esattamente il nuovo che avanza, non crede?
«Io ho fatto nomi di personalità di riferimento che possano dare una scossa in tal senso. Ma il futuro del partito deve essere legato ai temi. E il nuovo soggetto politico unitario dovrà parlare di lavoro, di ambiente, di pace, di sanità, di scuola, di fisco e di giustizia in termini radicalmente diversi da quelli portati avanti da Calenda, Brunetta e Giorgetti. E questi temi devono essere al centro del dibattito politico sempre e non solo nei due mesi di campagna elettorale».

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