Colbrelli: “Che ansia, questa situazione”

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«Non sto vivendo nel migliore dei modi questa drammatica emergenza: sentire il suono delle sirene delle ambulanze che portano in ospedale le persone che conosci è una cosa che fa malissimo. Per il Coronavirus ho ricoverata mia nonna e anche mio papà è stato colpito ma lo stanno curando a casa: spero che tutto si risolva nel modo migliore. Nella sfortuna sono stato fortunato in quanto è da un mesetto che non vedo i miei genitori e quindi non ho avuto problemi».

Le parole sono di Sonny Colbrelli, bresciano trent’anni il prossimo 17 maggio, corridore della Bahrain-McLaren, che vive a San Felice del Benaco sul Lago di Garda nel Bresciano, uno degli epicentri del Covid-19, con la moglie Adelina e la prima figlia Vittoria di un anno e mezzo. E nel mese di maggio è previsto l’arrivo del secondo figlio. Anche Colbrelli, chiuso in casa, sta cercando di mantenere una accettabile condizione fisica.

«Da quando nei giorni scorsi la Federciclo ha invitato i professionisti a non uscire per allenarsi sulle strade, ho seguito l’invito e resto a casa. Prima invece uscivo ma era davvero brutto perché la gente ti guardava male, ci sono tanti maleducati che vogliono fare gli “sceriffi” e che vogliono insegnare. Ma questo sport del ciclismo che pratichiamo è per noi professionisti un lavoro vero e proprio, la gente non lo capisce e ti insulta mentre pedali. A casa cerco di fare il possibile usando i rulli sui quali al massimo però puoi lavorare un paio di ore; poi ti aiuti con l’attività muscolare e altro, ma chiaramente non è la stessa cosa. Cerco di godermi la mia famiglia visto che normalmente noi ciclisti siamo sempre in giro e non abbiamo molto tempo per stare a casa: adesso posso vivere di più i miei affetti e se penso che tra un mesetto Adelina deve partorire non nascondo di essere un po’ preoccupato visto la situazione».

In questo abbrivio di 2020 hai alle spalle pochissime corse, 7 in totale: 5 tappe alla Vuelta a Andalucia in Spagna e due corse nelle Fiandre in Belgio, la Omloop Het Nieuwsblad e la Kuurne-Bruxelles-Kuurne dove ti sei classificato al 7° posto, miglior piazzamento stagionale.
«Ho corso poco ma sono soddisfatto. In Spagna sentivo di avere una buona condizione tanto che nell’ultima tappa, la quinta, a cronometro mi sono piazzato al 10° posto e le corse contro il tempo non sono di certo il mio forte. In Belgio nella prima corsa sono caduto picchiando un po’ tutto ma sono riuscito ad arrivare al traguardo. Il giorno dopo non stavo naturalmente benissimo per i postumi della caduta ma mi sono classificato 7°. Prima di questa sospensione ero in linea con i programmi, ero contento della condizione, a dimostrazione che le due settimane in altura al Teide a Tenerife con la squadra, a primi di febbraio prima dell’Andalucia, erano stati utilissimi. Per la prima volta che ho scelto di fare lavori in altura poco prima di correre ed è stato sicuramente un bene».

Si tornerà a correre tra un po’ di tempo. Cosa ne pensi?
«Dovevo fare le Strade Bianche, Larciano, la Tirreno-Adriatico, la Milano-Sanremo e le Classiche in Belgio, ed ero nella lista per il Giro d’Italia. Programmi purtroppo saltati, con lo staff tecnico ci sentiamo tutti i giorni e l’idea generale è che almeno fino alla fine di maggio non si tornerà a correre. Poi forse si potrà, ma bisognerà vedere dove, perché ogni nazione ha una situazione un po’ diversa dalle altre. Alcuni dicono che può anche essere il 2020 un anno sabbatico, spero proprio che non sia cosi e di tornare in sella a giugno: sarà dura ma ci spero».

E tutti noi speriamo che si avveri il ritorno presto alla normalità e alle corse. Se così dovesse essere, hai già un obiettivo primario?
«La mia idea a inizio anno era di ben figurare e di centrare la vittoria in una grande classica, dal Belgio alla Sanremo. Spero che queste grandissime corse vengano disputate e cercherò con tutte le mie forze di conquistare l’obiettivo. Però mi auguro che l’UCI e gli organizzatori di queste bellissime classiche trovino le giuste date nel calendario. Voglio dire che tutti dovrebbero arrivare a quelle corse con il giusto tempo per prepararle e farsi trovare al 100%: per fare questo bisogna però considerare le diverse situazioni. In Italia noi siamo fermi, in Belgio ad esempio si stanno allenando per strada regolarmente per 4/5 ore al giorno. Se si riprendesse mettendo subito in calendario le classiche ci sarebbe una evidente disparità di condizione da atleta ad atleta. Spero che ciò non avvenga».

Articolo a cura della redazione di Tuttobiciweb

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