Fedeli: “Temo di aver avuto il Covid, ma ora sono pronto per tre mesi di fuoco”

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di Carlo Malvestio

Pian piano la stagione ciclistica sembra avvicinarsi e i corridori cominciano a scalpitare. A maggior ragione se sei una giovane promessa come Alessandro Fedeli, al secondo anno da professionista, e hai già dimostrato grandi cose da rookie. In maglia Nippo Delko One Provence è andato a segno alla prima gara tra i grandi, vincendo la tappa d’apertura del Tour du Rwanda 2019, ripetendosi poi a fine stagione alla Cro Race, al termine di una lunga fuga. Insomma, non male come inizio di carriera.

Quest’anno, però, per lui come un po’ per tutti, le cose non sono cominciate nella maniera sperata. Addirittura, non è da escludere che il classe 1996 di Negrar (Verona) abbia dovuto fare i conti con il coronavirus.

Alessandro, quanta voglia c’è di ripartire?
«Tantissima. Mi sto allenando a pieno ritmo, senza lavori particolarmente specifici visto che non ci sono gare in vista, ma sicuramente non mi sto riposando. Voglio farmi trovare bene dalla squadra nel primo ritiro di Marsiglia, dall’8 al 14 giugno prossimi».

Puoi riprendere da quanto di buono fatto l’anno passato.
«La scorsa è stata una buona stagione, sicuramente, anche se ho avuto parecchi alti e bassi, un po’ perché non sopporto il caldo torrido, che non mi ha permesso di rendere al meglio durante i mesi estivi, e un po’ perché, per inesperienza, ho sbagliato l’avvicinamento ad alcune corse. Alla fine, comunque, ho vinto all’esordio e poi all’ultima corsa dell’anno».

Questo 2020, invece, non era cominciato al meglio.
«Volevo partire forte come l’anno scorso e invece è andato tutto male, credo di aver avuto il Covid-19 perché a fine febbraio per due settimane sono stato malissimo, con febbre alta e forte mal di gola, e anche con gli antibiotici l’influenza non mi scendeva. Non mi era mai venuta così alta per tanti giorni e anche il dolore alla gola era diverso dal solito, perché tipicamente mi vengono le placche, mentre stavolta non avevo nulla. Non avrò mai la prova del nove, ma la mia sensazione è questa, anche se lì per lì non pensavo potesse essere il virus. Adesso comunque sto bene e vedo che anche la gamba in allenamento gira a dovere».

Sei riuscito a comprendere che tipo di corridore sei nella tua prima stagione da pro?
«Ho capito meglio quali sono i miei limiti e dove devo migliorare. In salita il divario tra dilettanti e professionisti è abissale, perché secondo me in pianura o volata, se sei scaltro, riesci ad attutire meglio il salto di categoria. Comunque, le corse di un giorno e le brevi corse a tappe penso siano i terreni a me più adatti, anche se ancora non ho fatto esperienze in corse di primissimo piano, tolta la Parigi-Nizza. I miei limiti ancora non li conosco, però sono sereno e conscio di avere ancora dei buoni margini di miglioramento».

E con la squadra come ti stai trovando? Con Mauro Finetto e Riccardo Minali formate un bel trio tutto veronese.
«Mi sto trovando benissimo, sono super professionali e allo stesso tempo attenti al lato umano. In Italia non è una squadra particolarmente pubblicizzata e io non ho molti metri di paragone, ma posso sicuramente dire che è una squadra molto seria. Con Finetto ho uno splendido rapporto di amicizia che va anche oltre il ciclismo, è un grande esempio da seguire come atleta. Se riusciamo ci alleniamo anche insieme, abita a circa 40 minuti da casa mia».

Qualche idea di dove ripartirà il tuo 2020?
«Ancora non so dove saranno le prime corse, perché per le Professional c’è ancora molta incertezza sui calendari. Mi piacerebbe fare bene nelle brevi corse a tappe, magari ancora alla Cro Race, e poi in qualche classica francese, visto che per la squadra è molto importante la Coppa di Francia. Per ora siamo al terzo posto nell’Europe Tour, a conferma di quanto la squadra stia lavorando bene».

Cosa ti aspetti da questi atipici tre mesi di corse?
«Saranno tre mesi di fuoco, in cui tutti saranno al top della condizione. Verranno fuori i corridori di livello: i big concentreranno il picco di forma in alcune settimane precise, mentre gli altri dovranno cercare di andare forte almeno per due mesi e mezzo secondo me. A tutto ciò va aggiunto il grande nervosismo che ci sarà, tra cadute, contratti in scadenza e squadre che chiuderanno i battenti; saranno tutti assatanati».

Anche tu sei in scadenza di contratto. Sei tranquillo?
«In questo sport non si può mai stare tranquilli, ma resto fiducioso».

Articolo a cura della redazione di Tuttobiciweb

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