Savio presenta la Drone Hopper-Androni Giocattoli. Il sogno è il WorldTour

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Gianni Savio (Bettiniphoto)

Il 13 dicembre, a Madrid, si alzerà ufficialmente il sipario sulla Drone Hopper-Androni Giocattoli. Nuovo sponsor e nuovi colori, ma a guidare il team ci sarà il caro vecchio entusiasmo di Gianni Savio. 22 corridori, con età media di 24 anni, e tanta voglia di mettere il bastone tra le ruote agli squadroni più attrezzati. La squadra si ritroverà a Benidorm, dal 10 al 22 dicembre, per il primo ritiro ufficiale della stagione, prima di cominciare un 2022 che rappresenta il primo step di un nuovo corso: «Si partirà come di consueto dalla Vuelta al Tachira, dove daremo spazio ai giovani per fare esperienza, poi doppia attività tra Vuelta a San Juan e Challenge Mallorca – esordisce il Principe Gianni Savio -. Avremo un calendario di qualità sin dall’inizio, anche se purtroppo il Tour Colombia e la Tropicale Amissa Bongo sono state cancellate, mentre il Tour de Langkawi posticipato a non si sa quando».

Gianni, nuovo sponsor nuove motivazioni?
«Personalmente sono spinto da una passione smisurata, che in senso bonario definisco “maledetta passione”, perché questa attività assorbe tutto il mio tempo. Ma senza questa passione non sarei certo riuscito a superare le tante avversità che abbiamo dovuto affrontare nel corso degli anni e guidare una squadra per 37 anni. Il nuovo sponsor porta certamente nuovo entusiasmo, soprattutto perché il loro è un progetto ambizioso…».

Cioè?
«Sono una start-up, ma l’idea è quella di crescere commercialmente in maniera considerevole. Hanno un brevetto su un drone che potrebbe essere qualcosa di rivoluzionario. E con loro cresceremo anche noi».

Come siete entrati in contatto con loro?
«Grazie ad un mio vecchio corridore, Juan Hortelano, che è anche direttore generale di Drone Hopper. Ci siamo incontrati una prima volta a Madrid, poi ancora in Italia, e le ambizioni sono da subito sembrate simili. Il fondatore Pablo Flores, poi, è un grande appassionato di ciclismo ed è convinto che il nostro sport sia un grande veicolo pubblicitario».

E guardando al lungo termine?
«Abbiamo un contratto di 4 anni. La crescita della squadra dipenderà totalmente dalla crescita di Drone Hopper. Non nascondiamo che la speranza è avere il budget per diventare WorldTour nel 2024. Ma sappiamo tutti che il divario economico tra una squadra Professional e una WorldTour è cresciuto enormemente negli ultimi anni, quindi riuscire ad avere un budget simile è tutt’altro che facile. Però ci crediamo».

Quest’anno quali corridori ci farete conoscere?
«La nostra filosofia è sempre stata quella di lanciare i giovani verso i grandi palcoscenici. L’occhio di riguardo per i ragazzi colombiani c’è sempre (Savio era il CT della Colombia quando Santiago Botero vinse il mondiale a cronometro nel 2002 a Zolder, nell’unico successo iridato tra i professionisti di un corridore latino-americano, ndr) e anche quest’anno proveremo a lanciarli tra i grandi. Tra i nuovi, il più giovane è Brandon Rojas, 19 anni e con tanta esperienza da fare, poi c’è Didier Merchan, 22 anni e vincitore del Giro del Medio Brenta, e infine Juan Diego Alba, che alla Movistar non è riuscito a mostrare le sue qualità ma che al Giro U23 del 2019 aveva vinto la tappa del Mortirolo e chiuso terzo in generale. Mi piacerebbe fare con lui un cammino simile a quello che abbiamo fatto con Mattia Cattaneo qualche anno fa. Poi continueranno nel loro percorso di crescita Santiago Umba, classe 2002, corridore esplosivo e vincitore sulla Planche des Belles Filles al Tour d’Alsace, e l’ucraino Andrii Ponomar, corridore completo di appena 19 anni».

Avrete anche un 2003, il norvegese Trym Westgaard Holther. Come l’avete scovato?
«Ce lo ha segnalato il suo procuratore Giuseppe Acquadro. Nel campionato nazionale norvegese a cronometro junior aveva battuto l’astro nascente Per Strand Hagenes, che poi è diventato campione del mondo di categoria. Ha delle doti notevoli, lo faremo crescere senza fretta. Il movimento norvegese va senz’altro tenuto d’occhio, perché è in grande salute».

Ma chi vi aspettate possa essere subito competitivo?
«Per le volate ci aspettiamo qualche buon piazzamento da Eduard Grosu, che sostituirà Matteo Malucelli, mentre per le corse più mosse Natnael Tesfatsion, Jefferson Cepeda, Daniel Muñoz e Eduardo Sepulveda dovrebbero garantirci dei buoni risultati. Se però devo indicare il corridore che secondo me ci darà più gioie, dico Jhonatan Restrepo, che ha già dimostrato di poter competere ad alti livelli, basti pensare agli ultimi mesi di questo 2021, il secondo posto al Trofeo Matteotti, il quarto in generale al Giro di Sicilia e il terzo alla Veneto Classic. Sarà il suo anno».

Si sono invece perse le tracce dello spagnolo Martì Vigo.
«È una bella scommessa, quest’anno purtroppo non lo abbiamo mai visto per diversi problemi fisici, compreso il covid. Ha fatto le Olimpiadi come fondista di sci, ha numeri importanti. Speriamo quest’anno possa vivere una stagione senza acciacchi».

Quest’anno ci saranno meno italiani rispetto alle stagioni precedenti.
«Sì, siamo un po’ più internazionali, con nove nazionalità diverse, ma gli italiani non mancheranno. In primis il campione italiano U23 Gabriele Benedetti, poi i confermati Mattia Bais, Simone Ravanelli e Leonardo Marchiori, che ha già vinto nel 2021, ma anche Alessandro Bisolti e Luca Chirico, che secondo me non hanno ancora dimostrato del tutto il loro potenziale. E poi uomini da fughe come Filippo Tagliani e Umberto Marengo, che l’anno scorso sfidò a lungo il nostro Simon Pellaud per la classifica dei traguardi volanti al Giro e quest’anno, con lo svizzero alla Trek-Segafredo, abbiamo deciso di puntare su di lui».

Ormai fare il salto tra i professionisti direttamente dalla categoria juniores è diventata una normalità.
«Secondo me non è necessario che corrano ad ogni costo tra gli U23. Tutto dipende da come vengono gestiti. Bisogna farli crescere gradualmente, senza stressarli. Noi possiamo fornire gli esempi recenti di Egan Bernal e Ivan Sosa, lanciati a 19 anni e diventati grandi professionisti. Tra gli U23 avrebbero sicuramente primeggiato, ma con noi hanno acquisito quell’esperienza che poi è servita loro a fare quello che hanno fatto».

Gli obiettivi generali saranno in linea con quelli degli ultimi anni?
«Sì. Da 5 anni consecutivi siamo la migliore Professional italiana nel ranking UCI e anche nella Ciclismo Cup siamo stati la miglior Professional, dietro alla UAE Team Emirates. Anche nel 2022 vogliamo essere protagonisti, dare sempre battaglia e soprattutto guadagnarci l’invito per il Giro d’Italia. Il sogno, neanche a dirlo, sarebbe quello di vincere una tappa dopo una bella fuga, come quella di Fausto Masnada a San Giovanni Rotondo nel 2019. E sia chiaro, se ci vedrete in fuga sarà perché vogliamo vincere quella tappa o corsa, non perché vogliamo dare consigli per gli acquisti…».

Quanto è difficile competere con le formazioni WorldTour?
«Bisogna essere realisti, è quasi impossibile. Ma è normale sia così; noi abbiamo un budget che oscilla tra i 2,5 e i 2,7 milioni all’anno, mentre le WorldTour vanno dai 15 ai 20, 30 e 40 milioni l’anno. Abbiamo un budget che è un quinto della formazione WorldTour meno accreditata. Con passione e competenza possiamo ridurre un po’ il gap, ma è molto complicato emergere a livelli altissimi. Poi, magari, dal 2024 avremo anche noi un budget come quello…».

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