Collocata a Legnano un’altra pietra d’inciampo in piazza Monumento

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LEGNANO – Pubblichiamo ampi stralci dell’intervento del sindaco di Legnano, Lorenzo Radice, alla commemorazione del 79° anniversario della deportazione dei lavoratori della Franco Tosi (nelle foto). Al termine della cerimonia svoltasi questa mattina, mercoledì 18 gennaio, come annunciato è stata posta un’altra pietra d’inciampo all’ingresso della fabbrica in piazza Monumento, dedicata a Carlo Ciapparelli.

Buongiorno a tutte e tutti, alle autorità presenti, all’onorevole Bindi oggi qui con noi ai lavoratori della Franco Tosi e ai ragazzi delle nostre scuole.

Voglio rivolgere il mio intervento proprio a voi, ragazzi, per dirvi che oggi pensando a quell’episodio di storia che ha riguardato questa fabbrica e la nostra città, vogliamo provare a ricavarne qualcosa di più di una lezione di storia: una lezione di vita; una lezione che non sia soltanto per voi, ma per tutti noi. E questo perché un fatto tragico come il sacrificio dei lavoratori di questa fabbrica, di Pericle, Alberto, Carlo, Francesco, Angelo, Ernesto, Antonio e Carlo non è, bisogna dire purtroppo, un fatto confinato una volta per tutte nel passato.

Tante dittature ancora da abbattere

Ancora oggi, 79 anni dopo, in luoghi diversi e lontani da Legnano, ci sono persone che hanno il coraggio di dire no alla prepotenza di una dittatura e che, per questo, perdono la vita. E penso alle tante donne e agli uomini che in Iran, dopo l’uccisione lo scorso settembre di una giovane, la 22enne Mahsa Ahimi (colpevole, lo ricordo, di non indossare correttamente il velo), hanno sfidato e continuano a sfidare il regime degli ayatollah rischiando il carcere e, in tanti casi, la vita. Come non possiamo vedere in quella ribellione del gennaio del 1944 la stessa voglia di giustizia e di libertà che anima oggi le persone che manifestano nelle strade in Iran per rovesciare il regime?

Un’altra lezione di vita che ci dà la resistenza opposta dagli operai della Tosi alle imposizioni dei nazifascisti e che ci danno le donne iraniane è quella di pensare agli altri, a chi verrà dopo di loro. Questo è il senso del loro sacrificio; chi è disposto a perdere la propria vita lottando per la libertà lo fa perché altri possano godere di quella libertà. Per questo il sacrificio degli operai della Tosi è stato un vero e proprio dono che ha contribuito a costruire, con la fine della seconda guerra mondiale, un’Europa libera per milioni di persone, e noi siamo fra questi e noi dobbiamo essere loro grati. Allo stesso modo il sacrificio delle iraniane e degli iraniani che si oppongono al regime teocratico servirà –noi lo speriamo fortemente- a costruire un Paese libero, democratico e giusto.

E ancora, ragazzi, non dobbiamo pensare che le deportazioni, quelle che hanno conosciuto quasi 80 anni fa gli operai della Franco Tosi e, con loro, tanti altri lavoratori delle numerose fabbriche del nostro territorio, siano soltanto un argomento storico, siano cose successe in un passato lontano. Purtroppo questa barbarie, questo che è un vero e proprio crimine contro l’umanità si consuma ancora oggi e proprio nella guerra in Ucraina. Quello che pensavamo non potesse più ripetersi, dopo gli orrori della seconda guerra mondiale, dopo la guerra fratricida nei Paesi della ex Jugoslavia è tornato drammaticamente d’attualità. Il dramma che hanno vissuto i lavoratori della Tosi si rinnova ancora oggi, su giovani come voi, su persone indifese, come se la storia non avesse insegnato nulla.

Ed è per questo motivo che noi oggi, come facciamo ogni anno, ci troviamo in questa fabbrica: ricordiamo quel passato per proiettarlo sul presente che viviamo, per costruire un futuro migliore, in primo luogo, per voi, ragazzi. Per ricordarci che il presente è quello delle 59 guerre in corso nel mondo oltre all’Ucraina.

Italia ipocrita con gli immigrati

Oggi abbiamo il dovere di denunciare la responsabilità storica di un Paese che non trova risposte umane per chi arriva da lontano per vivere nelle nostre città. Un Paese che rivendica come un successo politico quello di tenere in mare per settimane qualche centinaio di disperati, sballottandoli da un porto all’altro, sempre più a nord del Tirreno e dell’Adriatico, per dimostrare una finta capacità di controllare flussi migratori che ormai da anni sono più che stabili e gestibili, se è vero come rivelano le statistiche che almeno da 7 anni la popolazione straniera in Italia è ferma intorno ai 5 milioni.

Denuncio l’ipocrisia di un Paese e di una politica paurosa e impaurita che dopo 20 anni di dibattito ancora non è riuscita a dare risposta al diritto di giovani come voi di essere riconosciuti italiani ed europei non perché “figli di”, ma perché crescono e studiano in Italia, mangiano italiano, parlano italiano, respirano e sognano italianamente tutti i giorni esattamente come i miei figli. Ma diversamente dai miei figli rischiano di restare per tutta la vita cittadini di serie B.

Oggi per realizzare una società che curi il proprio futuro si debba avviare una seria riflessione sulla strada indicata da Papa Francesco, ossia quell’ecologia integrale che rappresenta un modo nuovo per affrontare la complessità delle questioni che si pongono nei vari campi: sociale, economico, istituzionale e ambientale. Una società, ma anche, in un ambito più ristretto, una comunità come è la nostra che cura davvero il suo futuro non può trascurare quelli che sono diritti fondamentali: il diritto alla cura, all’istruzione, a vivere in un ambiente sostenibile dal punto di vista ecologico e del rispetto delle risorse naturali, ma anche da quello economico, dei servizi, delle espressioni culturali, per una società che garantisca il benessere e la sicurezza di ogni persona.

A questi obiettivi dobbiamo guardare per realizzare quella società equa e sostenibile, più giusta, più inclusiva, più umana immaginata da chi, nella lotta di Resistenza e negli scioperi delle fabbriche durante il periodo bellico, ha sacrificato la sua vita. Dobbiamo loro questo impegno se vogliamo che la loro lezione viva sempre con noi.

Lorenzo Radice

Sindaco di Legnano

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