Confindustria Varese: «Il governo Conte frena la crescita del Paese». Sì alla Tav

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Vittorio Gandini, direttore Univa e Riccardo Comerio, presidente

VARESE – C’è poco da essere allegri. A lanciare l’allarme, ma soprattutto a richiamare il governo italiano a essere più consapevole e realista rispetto alla vera situazione delle imprese, è tutta Confindustria Varese.

Non è per niente bello il quadro che dipinge Confindustria della provincia di Varese per voce del suo presidente Riccardo Comerio, il quale durante la conferenza stampa d’inizio anno di Univa ha “messo lì sul tavolo” una frase che è tutta un programma: «Se conducessimo un’azienda come stanno guidando il Paese non saprei dove sarebbe a questo punto l’azienda». Senza infrastrutture; con i cantieri (i dati dicono che sono almeno 400) fermi, il costo dell’energia che aumenta, i tagli a ricerca e sviluppo, il nulla di fatto sul carico fiscale e l’attrattività internazionale che va scemando. E, come se non bastasse, le previsioni per i prossimi mesi non lasciano grande spazio all’ottimismo. «Le attese per l’inizio del 2019 sono improntate a un alto grado di incertezza- si legge nella nota ufficiale di Univa – Solo il 29,6 percento delle imprese del Varesotto prevede di incrementare la produzione».

Poche speranze per il futuro

Sarà dura anche sotto il profilo degli investimenti. Nel corso del 2018, grazie al Piano Nazionale Impresa 4.0, ben il 53% delle imprese della provincia di Varese ha fatto investimenti nella manifattura digitale. Purtroppo però anche per questa voce, non ci sono grandi speranze per il prossimo futuro. Le previsioni per il 2019, «dopo il ridimensionamento degli incentivi previsto in Legge di Bilancio – come precisa Riccardo Comerio – sulle imprese che continueranno ad investire nell’industria 4.0 scendono al 34%».

I numeri parlano chiaro. E anche Comerio: «Di fronte a questa situazione certamente non brillante e sempre meno performante risulta difficile credere che l’obiettivo di una crescita del Pil nazionale dell’1,5 per cento, auspicato anche durante l’ultimo World Economic Forum di gennaio a Davos dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, possa essere agguantato dal Paese. Di più: sembra ormai essere messo in discussione anche il più modesto +1% inserito in Legge di Bilancio, dopo le pressioni sul Governo da parte della Ue per scongiurare la procedura d’infrazione all’Italia».

D’altronde lo scenario varesino, seppur ancora positivo, rispecchia comunque il rallentamento nazionale. Ad oggi quasi tutti gli istituti internazionali vedono la crescita del Pil italiano nel 2019 intorno allo 0,6%. Questa la previsione sia di Bankitalia, sia dell’Ocse, sia dell’Fmi. «Tutte queste previsioni quasi unanimi non possono essere liquidate come una congiura internazionale – avverte Comerio – È più verosimile che l’Italia debba fare i conti nei prossimi mesi con una congiuntura sempre più difficile che impone già oggi al Governo di cambiare la propria politica economica. Abbiamo più volte ribadito in questi mesi, sia prima dell’approvazione, sia dopo il varo in Parlamento della Legge di Bilancio che Quota 100 e Reddito di Cittadinanza non smuoveranno di una virgola le capacità di crescita del Paese».

Sei mosse per dare ossigeno alle imprese

E’ forte il richiamo a essere più realisti che Comerio e gli industriali del Varesotto rivolgono al premier Conte e al governo nazionale. «Apprezzo il fatto che il nostro primo ministro dica che sta affrontando la situazione con determinazione ed entusiasmo. Mi preoccupa invece la totale mancanza di realismo, che invece servirebbe per un Paese e una provincia come la nostra che sono e devono continuare a essere a vocazione industriale». Realismo che viene tradotto in 6 punti, che potrebbero anche essere letti come un programma economico per il rilancio di impresa, produttività ed economia.

Sì Tav senza se e senza ma

In cima alla lista ci sono certamente le infrastrutture. Inutile produrre se poi non ci sono le vie di comunicazione per far girare le merci. «Aprire nuovi cantieri e procedere su quelli già avviati – sostiene Comerio – è la via più breve e immediata per garantire un incremento del lavoro e dei livelli occupazionali. Ciò a partire dal completamento della Tav e della Pedemontana. Chi si oppone a queste opere si mette dalla parte sbagliata della storia». Su questo non servono tanti studi costi/benefici, «basta la cartina geografica che pone l’Italia e Varese al loro centro dei principali corridoi europei per capirlo».
La seconda priorità si chiama produttività. «Un tema poco popolare e poco elettorale. Anche se è questo il vero problema che blocca il Paese ad una bassa crescita. Per invertire la tendenza occorre sostenere le imprese nel processo di dare maggiore valore al proprio prodotto e servizio, prevedendo una politica di sostegno agli investimenti. Il contrario di quanto avvenuto con il ridimensionamento del Piano Impresa 4.0 deciso in Legge di Bilancio».
La terza voce su cui lavorare è quella del carico fiscale: «Proprio per incrementare la produttività – continua il ragionamento il Presidente di Univa – occorre intervenire sulla leva fiscale non con interventi a pioggia, ma con una politica mirata ad abbattere il cuneo fiscale e detassando i premi di produttività».

Formazione ed Europa

La quarta azione deve essere quella che coinvolge la formazione. Su questo fronte l’Unione Industriali indica 3 direttrici su cui lavorare: Incontro domanda-offerta, attraverso percorsi di studio in linea con le esigenze delle imprese, collegando mondo della scuola e mondo del lavoro, grazie a strumenti come l’alternanza, l’apprendistato, gli ITS-Istruzione Tecnica Superiore e il monitoraggio dei risultati di placement degli studenti. «In questo senso non ci è sembrato lungimirante il taglio di 50 milioni di euro apportato dalla Legge di Bilancio ai fondi per l’alternanza», ha spiegato Comerio.
Ultima azione, ma non certo per importanza è quella che riguarda l’Europa: «Non è colpa della Ue, ma della stessa Italia e della propria classe politica e dirigente che opera a Bruxelles e a Strasburgo se gli interessi del Paese e della sua industria vengono spesso bistrattati in sede europea». Insomma non basta stare in Europa, ma «bisogna saperci stare. Ogni forza politica deve responsabilizzarsi e raccogliere il consenso elettorale per le prossime elezioni europee. Occorre poi creare seri e concreti percorsi in grado di dotare l’Italia di una classe dirigente e una classe politica che sappia stare in Europa ai giusti tavoli. Infine, bisogna battersi per l’introduzione degli Eurobond finalizzati al finanziamento di progetti comuni».

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